Il Collettivo Menotti porta in scena uno dei capolavori di Kurt Vonnegut, un romanzo di fantascienza ma anche un manifesto anti-guerra. Mattatoio n. 5 racconta la storia di Billy Pilgrim, un americano “alto e gracile, fatto a forma di bottiglia di Coca Cola” che combatte i tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Catturato e trasportato a Dresda come prigioniero, Billy si “stacca” dal tempo prima della cattura, iniziando un viaggio che lo porterà tra le diverse parti della sua vita senza un ordine particolare, muovendosi con un semplice batter d’occhio, senza alcun controllo.
Mattatoio n. 5 è in scena al Teatro Menotti di Milano fino al 20 giugno. Adattato e diretto da Emilio Russo, vede protagonisti in ordine di apparizione Jacopo Sorbini, Giuditta Costantini, Nicolas Errico e Chiara Tomei.
A tu per tu con Nicolas Errico
Nicolas, chi era veramente Billy Pilgrim?
E’ molto semplice. Billy, il protagonista, è un uomo dotato di un potere: ogni volta che chiude gli occhi riesce a catapultarsi nel tempo in situazioni differenti, che possono essere la sua festa di fidanzamento con Valencia oppure può arrivare a Dresda quando c’è il grande bombardamento o magari sul suo pianeta con Montana dove viene rapito dai trafalmadoriani. Quindi è un uomo semplice, mingherlino, alto e siamo quattro personaggi che raccontano l’esperienza che hanno avuto con questo protagonista, che è un po’ Aspettando Godot, perché si parla tanto di lui ma alla fine non appare mai.
Possiamo considerarlo un eroe e se la tua risposta è affermativa in che cosa lo era?
Secondo me non era un eroe. Era un uomo semplice. Però aveva una qualità rispetto a tutti gli altri: accettava tutto ciò che la vita gli dava, senza preoccupazioni, perché lui aveva il dono di sapere già quello che gli sarebbe successo. Quindi lui conosceva già la sua morte, sapeva già che una volta si sarebbe ritrovato sotto il bombardamento di Dresda. Oppure quando prende l’aereo, sa benissimo che l’aereo cadrà, però anche in quel caso riuscirà a salvarsi. Infatti poi incide anche un nastro dove racconta la data precisa della propria morte. Per me gli eroi sono delle persone che cambiano gli eventi in maniera positiva. Billy in realtà non cambia, non cambia nulla. Accetta quello che gli viene dato dalla vita.
In che cosa Billy Pilgrim si relaziona alla terra e alla fragilità dei suoi abitanti?
Secondo me la fragilità della Terra e dei suoi abitanti sta appunto nella morte. Una cosa che a noi abitanti della Terra fa molta paura è la morte. Billy sapeva già come doveva morire, quindi la morte non lo tocca più di tanto. Però non è che non lo sconvolge, perché vedere il disastro di Dresda con il bombardamento è una cosa che si porterà dentro per tutta la vita. Quindi sono più i personaggi che raccontano Billy, che manifestano le proprie fragilità. Per esempio il mio personaggio, Roland, è devastato da quello che ha visto in guerra, quindi da questo bombardamento, tanto da diventare un pazzo. La guerra lo ha scosso così tanto che lui in realtà non ne è mai più uscito.
Montana, interpretata da Chiara Tomei, è invece ingabbiata in questo pianeta che lei non ha scelto. Quindi vediamo una donna che accetta quello che le è stato fatto e ne rimane sconvolta. Vediamo la sua fragilità di donna. E’ una donna che comunque è anche incinta di sei mesi. Valencia, la moglie di Billy interpretata da Giuditta Costantini, è una donna grassa che non riesce a smettere di mangiare. Quindi lei, in questa sua grassezza e nel cibo, cerca di superare il sistema, la vita, quello che le viene imposto dalla società e dal padre. Oppure vediamo il grande scrittore preferito di Billy, interpretato da Jacopo Sorbini, che però non riesce a vendere un libro, quindi anche qui vediamo la sua fragilità. Dunque sono più i personaggi a mostrare la propria fragilità, l’essenza delle debolezze umane. Invece Billy rimane sempre lì, al suo posto, a vedere quello che succede.
Kurt Vonnegut scrisse il romanzo da cui è tratto il vostro spettacolo nel 1969, l’anno in cui l’uomo sbarcò sulla Luna. Per l’ultima domanda cito testualmente le note di regia di Emilio Russo. In che modo questo straordinario manifesto pacifista miscela i piani della narrazione, gioca a nascondino con il tempo, sbeffeggia i limiti dello spazio e contamina il tragico con il comico e viceversa?
Ci sono delle situazioni abbastanza tragiche e comiche. Per esempio, ne cito una che potrebbe essere quella di Billy nel disastro aereo, dove ha un incidente in cui è l’unico che riesce a salvarsi, quindi arriva in ospedale. La moglie, che ha appreso la notizia da parte dei medici e quindi è stata chiamata per renderla partecipe della situazione del marito, è sconvolta. Quindi prende la macchina e arriva in ospedale. Cerca di arrivarci ma non si accorge dell’uscita dell’autostrada, la sbaglia, frena di botto e viene tamponata.
Lei naturalmente non muore, però ingrana la prima, sconvolta per la situazione, e si precipita all’ospedale. Però da quel tamponamento la marmitta viene trascinata durante tutto il percorso e alla fine la moglie arriva all’ospedale e muore perché sopraffatta dall’ossido di carbonio. Quindi in quest’evento c’è sia la tragedia della morte di Valencia, ma c’è anche qualcosa di bello: la vita di Billy che è riuscito a salvarsi da quell’incidente aereo. E’ una cosa sconvolgente. Quindi c’è sempre una contrapposizione degli eventi.
- Intervista video di Andrea Simone
- Foto di scena di Maria Luiza Fontana
- Si ringrazia Linda Ansalone per la collaborazione