Matilde Facheris, “Sarebbe Stato Interessante”

Sarebbe Stato Interessante è uno spettacolo che attraversa i temi della creazione e della maternità assumendo molteplici punti di vista, fino a farsi testimone e portavoce di alcune esperienze biografiche di persone conosciute e intervistate. La pièce nasce da un progetto di Giulia Tollis, dramaturg e curatrice dei testi, e Matilde Facheris, che lo porta in scena ad Alta Luce Teatro di Milano il 21 e il 22 ottobre. La regia è di Marcela Serli.

Parla Matilde Facheris

Questo è uno spettacolo che non parla solo della maternità biologica ma anche della PMA e di altre forme di genitorialità?

Esatto. Verte sul desiderio di maternità e paternità e su quello della cura, quindi si parla anche dell’impossibilità di procreare e di possibili altre vie rispetto a una maternità biologica. Di conseguenza si espone il difficile e accidentato percorso della PMA che richiede molto coraggio, pazienza e costanza. A volte non riesce. Parliamo anche delle possibili altre forme di essere genitori e di avere cura di qualcuno o qualcosa.

La vicinanza tra chi guarda e chi racconta è qui più stretta perché scatta un processo di identificazione con te da parte del pubblico?

Sì, è presente ma non c’è solo quello: un grande lavoro è fatto dalla disposizione scenica studiata dalla regista Marcela Serli, e da me subito accettata, che mette immediatamente il pubblico nella condizione di essere spettatore non passivo ma partecipe. La scenografia gli consente di essere di volta in volta diversi personaggi e di dividere insieme a me questo rito. C’è una comunanza fortissima tra me e il pubblico. E’ qualcosa che facciamo insieme. A me a volte piace dire che è un atto “psicomagico” che Marcela ha cercato di mettere in atto.

Voi sviluppate il racconto con due paesaggi: quello della “Madre Terra” e del corpo femminile. In che modo si collegano?

Lo spunto nasce dalla mia storia autobiografica perché io ho vissuto le due esperienze del desiderio di maternità e del percorso della fecondazione assistita. Successivamente ho provato anche un’altra forma di genitorialità: ora sono una mamma affidataria ma allo stesso tempo, negli ultimi cinque anni, ho coltivato un orto. Ho visto che le comunanze dentro queste due esperienze erano moltissime: un pezzo di terra da rendere fertile e da curare, i frutti che nascevano, le intemperie e le difficoltà. La terra era anche un corpo femminile. L’idea di mettere insieme questi due paesaggi è nato insieme a Giulia Tollis. Sono due filoni paralleli che a un certo punto si incontrano nel cuore dello spettacolo e del rito.

Esistono bambini che non hanno una mamma e un papà, ma due mamme o due papà. Qual è la tua opinione al riguardo?

Sono molto d’accordo perché dove ci sono cura e amore c’è quello di cui ha bisogno un bambino. Abbiamo fatto molte interviste legate all’argomento: un bimbo e una bimba hanno bisogno di presenza, attenzione e cura. Non è l’essere genitori biologici ad assicurare questo affetto.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Maurizia Leonelli per la collaborazione