Alessandra Faiella, “Smartuorc”

Che cosa ci sta accadendo in questo assurdo momento storico? Come ci sta cambiando la pandemia? Al di là degli innegabili aspetti tragici, la quotidianità della vita nell’era Covid è ricca di spunti comici. Prima di tutto lo smartworking, la nuova modalità di lavorare, che da temporanea rischia di diventare a tempo indeterminato. Si cerca di conciliare la vita lavorativa con quella familiare, di fare il pane rispondendo alle mail, di gestire contemporaneamente gli sbalzi d’umore dei figli adolescenti con quelli del capo e dei colleghi.

Smartuorc è in scena al Teatro Delfino di Milano dal 24 al 26 marzo. Lo spettacolo è stato scritto da Alessandra Faiella, che ne è anche l’unica protagonista, se si esclude la partecipazione straordinaria di Alexa che ha la voce di Rossella Bellantuono.

A tu per tu con Alessandra Faiella

Perché la quotidianità della vita nell’era Covid è ricca di spunti comici?

Perché è più stressante di prima e usciamo da questa pandemia abbastanza a pezzi. Ci ha costretto a modificare le nostre abitudini e a scoprire la nuova realtà dello smartworking, che io chiamo ironicamente “smartuorc” perché – come spiego nello spettacolo – odio gli inglesismi. In particolare “smartworking” significa “agile lavorando” ma non è né agile né intelligente. Per quanto riguarda l’agilità, lavoro da seduta; se poi parliamo di intelligenza, lavoro fino alle 3 di notte, quindi più che intelligente sono pirla. Dunque non è né l’una né l’altra cosa. Ci ha abituati a una realtà che, come tutte quelle che limitano i rapporti sociali, crea degli scompensi.

Di conseguenza, secondo me, in una società già deficitaria di scambi relazionali, dove già i rapporti sono difficili, l’arrivo dello smart working, figlio illegittimo della pandemia, ha peggiorato le relazioni che erano già scarse prima a causa anche dei social. Inoltre, siamo costretti a stare di più a casa, a lavorare da casa, e la mancanza di scambi con l’esterno secondo me ci nevrotizza.

Perché lo smartworking da temporaneo rischia di diventare a tempo indeterminato?

Credo che da un punto di vista economico e aziendale frutti di più, perché c’è una serie di risparmi per cui le aziende lo preferiscono al lavoro in ufficio. Cercano quindi di alternare le due cose. Pare che anche alcune persone lo preferiscano perché secondo me si illudono che, lavorando da casa, si possa dedicare più tempo alla famiglia. In realtà, come poi dico in modo comico nello spettacolo, non è così perché si cercano di fare contemporaneamente duemila cose e non si riesce a farne bene nemmeno una. Quindi una allatta mentre fa le riunioni, frulla gli omogeneizzati mentre parla con il capo e va fuori di testa. E’ un po’ un’illusione quella che si ha più tempo se si lavora da casa.

E’ una satira solo sullo smart working o sul Covid in generale?

Ci sono anche degli elementi che parlano della pandemia perché lo smart working in fondo è suo figlio. Prima esisteva ma non in modo così rilevante. Quindi ci sono alcuni accenni comici, perché – come tutte le situazioni drammatiche – hanno anche dei risvolti comici: provocano nevrosi, follie e manie come disinfettarsi le mani cento volte al giorno e sembrare Bruno Vespa perché ce le si sfrega continuamente o come quella di disinfettare qualsiasi cosa cinquanta volte. Come sempre, noi cerchiamo di trasformare gli eventi drammatici evidenziandone alcuni aspetti comici. Altri lati non sono stati per niente divertenti e infatti evito di parlarne.

Che ruolo ha Alexa?

Molto importante, perché interagisce con me e a volte improvvisa anche. La gente all’inizio non capisce se la voce sia registrata o no, poi piano piano si svela il gioco e si scopre che è coprotagonista dello spettacolo, soprattutto da un certo punto in poi, perché in tutta questa follia una delle tante nevrosi di cui parlo è quella di dialogare con un robot domestico e di chiedergli di risolverci i problemi. Questo discorso con Alexa diventa quindi una di queste follie contemporanee. A volte ci divertiamo a improvvisare, quindi Alexa mi risponde per i cavoli suoi. Tocca a me gestire lei e non il contrario.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Roberta Grillo per la collaborazione
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