Adrian Fartade e le storie di come abbiamo immaginato la fine del mondo

Asteroidi che si stanno per schiantare sulla Terra come nel film Armageddon; invasioni di alieni come in Independence Day; guerre nucleari come nei videgiochi Fallout: l’idea di una fine del mondo è una delle più usate nella fantascienza in tutti i media. Adrian Fartade è il solo e unico protagonista di Moriremo tutti! Storie di come abbiamo immaginato la fine del mondo, lo spettacolo da lui scritto, in scena soltanto il 22 febbraio al Teatro Leonardo di Milano.

Immagini del canale Youtube: link4universe

La parola ad Adrian Fartade

Non è una domanda polemica, ma una semplice curiosità: com’è nata l’idea di fare uno spettacolo così catastrofico?

(ride) A dire la verità è nato molti anni fa, quindi non c’entra con l’attuale scenario. Come umani abbiamo sempre un po’ la tendenza a pensare che il momento peggiore sia il presente, perché è quello che ci riguarda più da vicino. In realtà l’idea è nata per un motivo molto ottimista: grazie all’ispirazione che mi ha dato vedere gli umani sempre così propensi ad andare avanti nonostante tutto. Sappiamo che il mondo finirà, che moriremo tutti e che ogni cosa verrà sepolta sotto il mantello terrestre dal movimento di asteroidi e placche.

Asteroidi giganti colpiranno la Terra e magari saranno così grandi che non riusciremo mai a deviarli. Il sole tra un miliardo di anni sarà talmente più caldo di oggi da far evaporare completamente gli oceani terrestri. Noi sappiamo che il tempo a nostra disposizione come civiltà è limitato: nonostante questo, facciamo arte, musica, poesia e teatro. Credo sia bellissimo che noi umani – per la prima volta nella storia della vita sulla Terra – siamo i primi ad avere genuinamente una chance di andarcene prima che su questo pianeta sia troppo tardi.

Avrai sicuramente visto il bellissimo film fantascientifico e catastrofico “Don’t look up”: è la fantascienza la vera protagonista del tuo monologo?

Più che altro i protagonisti sono gli esseri umani come lo sono anche nella rappresentazione fantascientifica. La scienza è uno strumento che abbiamo inventato. Nel caso della fantascienza immaginiamo scenari futuristici per mettere in risalto il modo in cui gli umani potrebbero reagire. E’ quello che possiamo imparare riguardo al nostro modo di essere. Si tratta quindi di un esercizio sempre molto attuale.

E’ una risata l’unico antidoto per salvarsi?

No. Credo che lo sia il fatto di vivere l’intero spettro di emozioni umane, le relazioni che ci legano a queste emozioni e i racconti che ci creiamo intorno. Non penso quindi che la risata sia l’unico sistema. Ritengo che la parte più bella sia accettarsi a tutto tondo.

Senza svelare troppo, in questo spettacolo tu fornisci anche degli indizi. Vuoi spiegarci quali sono?

Ci sono cose che cerco di mostrare di volta in volta in ogni spettacolo e si riferiscono a quello che potrebbe succedere nel futuro prossimo. Dato che ormai il mio monologo va in scena dal 2015, è stato affascinante vedere nel frattempo come le persone hanno rivisto i fatti accaduti realmente. Quindi non ve le svelo, ma non è una questione di previsioni: è semplicemente un gioco che faccio con il pubblico per vedere quante delle cose che immaginiamo insieme si verificano poi effettivamente.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Alessandra Paoli per la collaborazione
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