Giorgia Cerruti, “FEDRAH o della Spietà dell’Amore”

Fino al 22 gennaio va in scena al Pacta Salone di Milano FEDRAH o della Spietà dell’Amore. Variazioni attorno al mito e alle sue riscritture per la regia di Michele Di Mauro: una creazione del 2021 che ha il suo cuore nell’universo sconfinato e struggente di Fedra e delle sue innumerevoli riscritture. Uno spettacolo il cui fulcro drammatico è l’Amore come Inizio e Fine di tutto.

In scena troviamo Giorgia Cerruti, Francesca Cassottana, Davide Giglio. La composizione sonora è di Guglielmo Diana. Il visual concept è di Lucio Diana.

La parola a Giorgia Cerruti

Quanto avete reso più rivoluzionaria Fedrah rispetto al mito?

La nostra Fedrah parte dal dramma d’amore struggente vissuto dalla Fedra del mito. Grazie però a una sorta di trattamento che unisce vari autori come Euripide, Racine, Sarah Kane e Kate Tempest abbiamo ambientato lo spettacolo in un contesto di alta borghesia moderna, kitsch e decadente. Si racconta la decomposizione del mito e la sua ricostituzione in un Novecento dominato da un’odierna famiglia al potere con una nuova mitografia. Abbiamo immaginato un parallelismo tra la genia mitologica di re come Teseo, Fedra, Ippolito e il nostro mondo, in una famiglia abbiente di oggi come quella degli Agnelli. In questo contesto si parla di decadimenti e del potere che governa un’intera nazione.

C’è da parte dei protagonisti il desiderio di farsi carico dei mali del mondo e allo stesso tempo la disgrazia di essere schiacciati dall’ineluttabilità degli eventi?

Sicuramente le passioni personali di tutti possono portare in una via oscura di negazione. Questo avviene per Fedrah, per Ippolito e per Strophe, personaggio assente nel mito, inserito però da Sarah Kane nella sua opera. E’ la figlia di Fedrah, che come la madre ama Ippolito. Abbiamo quindi lavorato su questa triade. I legami al collasso, tumultuosi, struggenti ma anche innegabili che legano queste tre persone portano sicuramente a una distruzione.

E’ interessante il titolo “La Spietà dell’Amore”, com’è nata l’idea?

Nasce dal carissimo regista Michele Di Mauro: è il connubio tra la pietà che questi esseri suscitano in noi spettatori e in noi attori che gli diamo voce. E’ la pietà suscitata dal loro irrefrenabile desiderio di essere amati e la spietatezza che questo desiderio porta con sé, che non guarda in faccia a nessuno e che porta a vendette ignominiose in nome dell’amore. “Spietà” è una forma di neologismo che tiene insieme questi due aspetti, portando un impatto fatto di temperature emotive, sessuali e sonore molto forti, senza mezzi termini.

  • Foto di Francesco Tassara
  • Si ringrazia Giulia Colombo