Jurij Ferrini, “Lucido”

Il Teatro Filodrammatici di Milano presenta fino al 13 novembre Lucido, uno spettacolo diretto da Jurij Ferrini sulla difficile storia di una famiglia: dopo 15 anni di assenza, una ragazza reclama il rene donato al fratello minore Luca da bambina. Sua marito sarebbe infatti ricoverato in ospedale e ne avrebbe urgente bisogno. Restituendo quel rene, Luca salverebbe la vita del cognato, rimettendoci ovviamente la sua.

Immagini del canale YouTube “Jurij Ferrini”

Lucido nasce da un testo di Rafael Spregelburd tradotto da Valentina Cattaneo e Roberto Rustioni. Ne sono protagonisti lo stesso regista Jurji Ferrini, Rebecca Rossetti, Federico Palumeri e Agnese Mercati.

La parola a Jurij Ferrini

Jurij, che cosa ti ha affascinato di un testo così drammatico?

Il fatto che non si vede proprio il dramma da nessuna parte. E’ un testo estremamente cinico nella sua comicità straordinaria e lo è per il 99% della sua durata, ma alla fine ha un colpo di teatro raffinato e geniale che fa sobbalzare gli spettatori e che rende chiarissima ogni cosa, complicando però tutto quello che è stato visto. Tutto è comunque molto leggibile e il pubblico ha ancora voglia di storie.

Quanto sei rimasto fedele all’originale?

Totalmente. L’ho trattato come un testo di Beckett, non tagliando assolutamente nulla perché è impossibile. E’ un enigma di divertimento, dove se si toglie una battuta, la struttura non torna da un’altra parte. Ho anche conosciuto Rafael Spregelburd a Spoleto e lui sa che amo molto il suo teatro perché verrà studiato nei libri di storia anche tra due secoli. La fedeltà alla traduzione e al suo lavoro è stata quindi certosina e scrupolosa. Mi vien da dire che è già un classico.

Come hai impostato gli attori?

Sera dopo sera ci concentriamo sull’accadimento dell’evento scenico che è il nostro ambito di ricerca e che io rivendico, perché la ricerca non è solo formale o estetica, ma anche contenutistica. “Fare accadere” lo spettacolo a ogni replica, con gli attori che naturalmente fingono di non conoscere la persona che hanno davanti, è l’obiettivo su cui concentriamo la nostra attenzione. Questo aspetto ripaga con un accadimento grazie al quale il pubblico segue lo spettacolo per due ore. Nessuno si spaventi per la durata! La gente si stupisce infatti che queste due ore passino così in fretta! Direi quindi che funziona.

Se c’è spazio anche per le risate, c’è leggerezza o humour nero?

Eccome se c’è spazio per le risate! Scaturiscono sicuramente dallo humor nero più profondo! Questo avviene perché il testo ha una sua comicità di base. Se uno dopo aver visto lo spettacolo volesse prenderne il copione, allora rileggerebbe tutto nella sua profondità. Succede proprio come con Shakespeare: non si riesce a coglierne tutto lo spessore mentre lo si vede a teatro. Se però alcune battute rimangono in testa, questo avviene per il loro cinismo e per il loro humor nero. Il nostro autore, Rafael Spregelburd, dice di essere a Buenos Aires, in Argentina, nella periferia del mondo. Da lì – aggiunge – ci può guardare e ci dice che noi occidentali lo facciamo sbellicare dalle risate!

  • Intervista di Andrea Simone
  • Foto in evidenza di Stefano Roggero
  • Si ringrazia Anna Defrancesco