“DIO PLUTO”, ARISTOFANE E IL POTERE DEL DIO DENARO

Da millenni il potere del denaro governa l’andamento del mondo. Ne era convinto 24 secoli fa anche l’ateniese Cremilio. Un giorno andò dall’oracolo di Delfi per chiedergli se gli convenisse educare il proprio figlio all’onestà, mai portatrice di ricchezza, o alla disonestà, fonte sempre di facili guadagni. Per tutta risposta l’oracolo lo invitò a seguire la prima persona che avrebbe incontrato appena uscito dal tempio. Il caso lo fa imbattere in uno straccione cieco, alias Pluto, dio della ricchezza. Convinto che l’handicap del Dio sia la causa della diversa distribuzione della ricchezza tra il popolo, Cremilo e Carione si attivano per guarirlo, sconsigliati invano dalla Povertà in persona.

Jurij Ferrini torna al Teatro Carcano di Milano per il terzo anno consecutivo e questa volta porta in scena fino al 25 marzo Dio Pluto di Aristofane, riadattandone il testo e dirigendo sulla scena -oltre che se stesso- Francesco GargiuloFederico PalumeriAndrea Peròn Rebecca Rossetti.

Intervista a Jurij Ferrini

“Con la sua satira graffiante e irriverente Aristofane intendeva prendere in giro qualcuno di specifico?”

Sì, oltre che il genere umano in sé, prendeva di mira la gente della propria epoca. Ovviamente nel nostro spettacolo c’è qualche riferimento vago ad alcuni personaggi del nostro tempo. Più che altro però c’è una riflessione sull’umanità, che forse non è mai cambiata, anzi è peggiorata nell’inseguimento del denaro come potere e come possibilità di comprare tutto. Ma c’è una cosa a cui non si sfugge: la morte. La vita non si può comprare. 

Aristofane se la prende con i sistemi economici. Io oggi non ne vedo uno efficiente ed efficace. Vedo sistemi economici che funzionano impoverendo le persone. Non mi sembra che dal denaro si crei il denaro. 

“Pur di ottenere facili guadagni, gli uomini di allora, proprio come quelli di oggi, erano pronti a commettere qualsiasi scelleratezza?”

Assolutamente sì. Ed erano capaci di far passare tutto questo sotto una luce geniale, facendo credere di aver trovato il sistema di moltiplicare i lingotti d’oro da casa senza fare niente, ma questa è una cosa da pietra filosofale. Abbiamo visto che cos’hanno combinato i mercati e le bolle speculative. In ogni caso, quando c’è un titolo che guadagna, ce n’è un altro che perde. Quindi è una continua truffa reciproca. E’ un quadro molto triste.

“Con questo testo lei ha voluto trovare delle similitudini con la nostra società?”

Al suo interno sono contenute riflessioni molto profonde come quella della Povertà, un concetto messo in scena da una figura che cerca di convincere i due ad abbandonare il piano insensato di ridare la vista a Pluto: il dio della ricchezza, quello che fabbrica i soldi, la BCE, che se ridistribuisce il denaro, fa in modo che nessuno lavori più. Aristofane presenta prospettive ancora attualissime. Vedo che lo spettacolo fa ridere, ma lascia anche sbigottiti gli spettatori.

“Quali spunti di riflessione può offrirci un autore classico come Aristofane?”

Aristofane ha scritto in tutto 11 commedie, alcune più belle e altre meno riuscite. “Dio Pluto” non è molto rappresentato. Gli spunti di riflessione arrivano verso la fine. Ho creato un epilogo impossibile a quell’epoca perché ancora non esisteva: ho infatti introdotto l’inflazione. I due protagonisti riescono nel loro intento di ridare la vista a Pluto e quindi tutti gli uomini onesti sono pieni di soldi e i ricchi diventano poveri. Il mondo si  è semplicemente ribaltato, ma il problema di continuare a battere moneta è che il denaro non vale più niente. Aristofane non poteva nemmeno immaginare questo fatto. Secondo me l’aspetto interessante è che non c’è alcun sistema economico che tenga. E’ un sogno utopico ma da questo punto di vista sarebbe bello ricominciare da zero.