“FRAGILE”: SETTE VITE IN UNA LONDRA MATRIGNA

Sette esistenze. Sette storie in una Londra madre e matrigna per chi vi approda in cerca di fortuna e condizioni di vita migliori. Una Londra, quella descritta dall’autrice nel suo testo, satura di sogni consumati e di speranze destinate a infrangersi. Sette storie di immigrazione oggi. Sette storie di fragilità. Fragile di Tena Stivicic è in scena al Teatro Filodrammatici di Milano fino al 2 dicembre. La regia è di Eugenio Fea e ne sono protagonisti Emanuele Arrigazzi, Edoardo Barbone, Denise Brambillasca, Gaia Carmagnani, Ilaria Longo, Valentina Sichetti e Umberto Terruso.

Intervista a Eugenio Fea

“Che cos’hanno in comune queste sette esistenze?”

“Scappano tutte da qualcosa. Principalmente hanno lasciato la propria casa e cercano tutte di riformarsi una nuova vita in una grande metropoli. Si mettono tutte a confronto con un grande sogno che hanno. C’è un personaggio che sogna di fare l’artista e la performer, ma ha anche il sogno più interno di abbandonare il proprio passato e quindi di escludere dalla propria vita un passato che invece si ripresenta.”

“Che ruolo ha la città di Londra in questo spettacolo?”

“E’ un contenitore che fondamentalmente fagocita tutti i personaggi. E’ un’aspirazione e rappresenta un sacco di sogni, ma io avevo immaginato che Londra si trasformasse nella Belgrado che simbolicamente hanno lasciato i personaggi. Uno è scappato da Belgrado, un altro da un’altra terra. Però per me doveva trasformarsi in una terra di guerra.”

“In che modo viene descritto il fenomeno dell’immigrazione?”

“Secondo me viene più descritto il fenomeno di una tentata integrazione all’interno di una società, cioè il passaggio dall’essere immigrato all’essere una funzione all’interno di un sistema. Sono personaggi che a loro modo cercano di essere in funzione all’interno di un sistema, ma spesso quest’opportunità gli viene negata. L’ostello è proprio il limbo che rappresenta quel punto di sospensione. Come suono ho voluto riprendere anche il suono di sospensione dopo l’esplosione della bomba atomica, che crea un non-luogo, come spesso sono i non-luoghi che raccontiamo nel testo.”

“C’è un destino comune che aspetta queste sette persone?”

“Sì, ci sono un destino comune e una voglia di vedere oltre. Lo spettacolo ci presenta delle situazioni quotidiane, però che rimandano ad altro: c’è la volontà di Mila di andare oltre un rapporto di coppia che prevede semplicemente il sesso. Lei vorrebbe vedere un matrimonio. E’ quasi come se tutti volessero vedere al di là della loro condizione, ma quell’al di là non è raggiungibile solo mediante le proprie forze, perché poi capita qualcosa che non ci si aspetta come l’accoltellamento. Molte volte ci siamo chiesti perché, a un certo punto, in mezzo a una storia così intricata, si debba aggiungere anche l’accoltellamento. Perché non c’è un perché. Perché le cose accadono indipendentemente da quello che si vuole e costringono a cambiare rotta improvvisamente. Come dice Miki, la vita è sempre una svolta. Si vuole sempre arrivare a conquistare qualcosa, ma poi quel qualcosa è sempre in continuo spostamento. Si prova a inseguirlo, a scappare e a inseguire qualcos’altro.

(intervista e riprese video di Andrea Simone)