“FUGA VERSO LE TENEBRE”: DUE FRATELLI A CONFRONTO

Fuga nelle tenebre è un romanzo dotato di una straordinaria modernità, sia per i personaggi e le scene descritte che per l’abilità dell’autore di tracciare la declinazione lenta e inesorabile della psicosi con una narrazione fluida e ritmata. Un passo alla volta, frase dopo frase, azione dopo azione, il racconto diventa un viaggio nell’abisso della psiche umana.

Fuga nelle tenebre è in scena al Teatro Out Off di Milano fino al 3 marzo. Scritto da Arthur Schnitzler, adattato da Lucrezia Lerro e Lorenzo Loris che ha firmato anche la regia, lo spettacolo vede protagonisti Paolo Bessegato e Massimo Loreto.

Quattro domande a Lorenzo Loris

“In che cosa è moderno il romanzo di Arthur Schnitzler da cui è tratto lo spettacolo?”

“E’ moderno perché racconta di un tema che in qualche modo ci riconduce innanzitutto al rapporto primario tra due fratelli che sono due facce della stessa medaglia. Uno è affetto da una malattia mentale e l’altro è un neurologo che cerca di aiutarlo a guarire dal suo male e dalle manie di persecuzione di cui soffre. Sono due facce della stessa medaglia perché in ognuno di noi sono annidate delle pulsioni che bisogna cercare di controllare. Molti hanno paura anche oggi di chiedere un aiuto quando è necessario. Gli psicologi invece dicono che è importante prevenire le pulsioni che sono dentro di noi. Non bisogna avere timore o vergogna di parlarne, perché parlandone, ascoltandosi e analizzandoci meglio, riusciamo a curarci e a prevenire le esplosioni.”

“E’ un’indagine della psiche umana?”

“Sicuramente sì, perché si può considerare Schnitzler un antesignano della psicanalisi, tant’è vero che Sigmund Freud – che visse nello stesso periodo storico e che abitava a pochi isolati da lui nella Vienna di fine Ottocento – all’età di 60 anni scrisse una lettera a Schnitzler in cui gli diceva che voleva fargli una confessione e che si era tormentato chiedendosi perché in tutti quegli anni non avesse mai cercato di conoscerlo. In realtà aveva capito che il problema era il timore del sosia, perché diceva che Schnitzler aveva raggiunto attraverso la sua arte di scrittore molte intuizioni che lui aveva fatto sue come scienziato e che riguardavano la psiche umana.”

“Che tipo di rapporto c’è tra i due fratelli?”

“C’è un rapporto molto forte che li riporta all’infanzia. La storia è tutta narrata attraverso un terzo personaggio, un amico dottore meno preparato e stimato del fratello Otto. Il protagonista, che fa il consigliere di Stato ed è affetto dalla malattia, si chiama Robert. Ci sono un resoconto e un’analisi fatta dall’altro medico, l’altro personaggio della storia, che rievoca un fatto successo nel tempo. In realtà racconta una storia intima di due fratelli adulti che ritornano per certi versi alla loro radice più originaria. Si confrontano su temi originali per poi arrivare a un atroce epilogo che non svelo, perché altrimenti si svela un po’ tutto il meccanismo della storia.”

“E’ una spirale che li porterà entrambi alla follia?”

“No, è una spirale che porterà uno dei due alla follia e che si risolverà tragicamente. Attraverso questa spirale, però, Schnitzler ci vuole dire amorevolmente e con pietà che questo problema sta in tutti noi. Dobbiamo solo cercare di esserne consapevoli.”

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Roberto Traverso per la gentile collaborazione