Gaetano Callegaro, “Il venditore di sigari”

Forte di un successo che dura da 10 anni, torna sulla scena milanese uno dei grandi classici di MTM: Il venditore di sigari di Amos Kamil è in cartellone al Teatro Litta fino al 5 febbraio con la regia di Alberto Oliva, che ha anche collaborato alla traduzione di Flavia Tolnay. I protagonisti sono Gaetano Callegaro e Paolo Cosenza.

Ogni mattina alle 6.30 nella Berlino del 1947, nella Germania del secondo dopoguerra, si incontrano due uomini: un professore ebreo determinato a partire per fondare lo Stato di Israele e il proprietario di una tabaccheria dall’aspetto tedesco. Sopravvissuti a una tragedia che ha sconvolto un popolo e il mondo intero, si rinfacciano accuse e torti, fino a scoprire che l’ineluttabile corso della Storia può condizionare le azioni di ogni singolo individuo.

Quattro domande a Gaetano Callegaro

Nello spettacolo lei ha il ruolo di Doktor Reiter, l’uomo che acquista i sigari. Vuole parlarci sommariamente del suo personaggio?

E’ un professore di filosofia ebreo tedesco, che nel 1934 insegnava a Berlino e che con l’affermazione del nazismo in Germania, andò prima in Palestina e poi in America. E’ la storia vera del nonno di Amos Kamil, l’autore. Nella tabaccheria, Kamil crea una situazione di dialogo tra il Doktor Reiter, il cliente, ed Herr Gruber, il tabaccaio. La storia si svolge lungo un percorso di tortura psicologica che il professor Reiter crea nei confronti del tabaccaio: lo stuzzica in modo molto pesante con l’intento di essere un carnefice vendicativo. C’è poi un colpo di scena, quasi un piccolo thriller, da cui si capisce l’accaduto. L’argomento importante è la storia di due uomini di fronte alla sciagura della guerra.

E’ dunque un personaggio che si ritrova costretto a farsi un esame di coscienza?

Paolo Cosenza ed io abbiamo molto approfondito la questione insieme al regista Alberto Oliva. I sopravvissuti ai campi di sterminio si fanno un esame di coscienza quando si chiedono perché si sono salvati proprio loro. Il senso di colpa dei superstiti è stato forte nel momento in cui si sono domandati il perché di quella sopravvivenza o che cosa hanno fatto per sfuggire alla morte. Quello del Doktor Reiter è dovuto al fatto di essere scappato. Non ha vissuto sulla propria pelle la tragedia perché è andato in America nel 1941. La sua famiglia non ha sopportato nulla di drammatico tranne la discriminazione dovuta alle leggi razziali. Il senso di colpa è quindi molto diverso.

“Il venditore di sigari” ha l’obiettivo di salvaguardare la memoria storica affinché simili tragedie non si ripetano?

Assolutamente sì. Noi facciamo questo spettacolo ogni anno dal 2010, escludendo il biennio di stop dovuto alla pandemia, perché bisogna mantenere vivo il ricordo. Noi dobbiamo quindi essere i testimoni dei testimoni dell’Olocausto e ricordare quanto accaduto perché non succeda più, per essere sempre “quella farfalla che vola sopra il filo spinato” come dice la senatrice Liliana Segre.

Avete debuttato il 26 gennaio. Com’è stato il riscontro del pubblico nel giorno della commemorazione della Shoah?

Bellissimo. Gli spettatori apprezzano moltissimo questo spettacolo, perché il testo è molto bello. Paolo Cosenza ed io reciteremmo anche senza una platea perché Il venditore di sigari è uno spettacolo che ci arricchisce. Alcune battute fanno riflettere sul nostro mondo con tutto quello che ne consegue. Purtroppo, dalla seconda guerra mondiale in poi la discriminazione ha continuato ad esistere ed è un fatto terribile perché porta sempre a situazioni tragiche.

  • Si ringrazia Alessandra Paoli
  • Clicca QUI per iscriverti al canale YouTube di Teatro.Online