Daniele Gaggianesi, “Basta problemi”

Basta problemi è prima di tutto una commedia, con tutto il suo antico valore di rito collettivo che purifica dalle miserie umane, dopo averle smascherate e irrise. Fuor di metafora, il rito sarà quello esoterico di una setta new age in cui si fanno pratiche di meditazione ispirate da un innominabile maestro-guru. Sacerdotessa-officiante sarà la donna, a cui spetterà l’arduo compito di iniziare al “cammino” il malcapitato manager, il cinico, lo scettico, il sempre connesso e collegato, l’uomo dei 1000 likes al giorno, costretto da non si sa chi ad “iscriversi ai settanta minuti di vera crescita personale”.

Basta problemi è in scena al Teatro Out Off di Milano dal 4 al 13 marzo. Scritto da Renato Gabrielli e diretto da Daniele Gaggianesi, lo spettacolo vede protagonista lo stesso Daniele Gaggianesi, Stella Piccioni e Paolo Bufalino.

Intervista a Daniele Gaggianesi

Perché questo spettacolo è una commedia ma anche un rito collettivo?

E’ un rito collettivo proprio da testo, nel senso che è la parodia di un rito di meditazione di una setta esoterica di personaggi apparentemente invasati nei confronti di questo guru. Lui non parla, ma attraverso le sue azioni apparentemente insensate come abbracciare dei peluche, accarezzarli e addormentarsi, manda dei messaggi ai suoi adepti. C’è un’officiante e sacerdotessa che gestisce il rito. Poi, ovviamente, fuori di metafora il rito è anche quello del teatro in cui da una situazione paradossale, l’avventore finisce nella setta non si capisce bene per quale ragione obbligato da chi, o da se stesso o da qualcuno che lo ha costretto a partecipare.

Sembra tutto ridicolo e senza senso ai suoi occhi. Lui è infatti un cinico manager venditore sempre col cellulare in mano, molto dissacrante nei confronti di questo clima mistico. Il paradosso del rito teatrale è che il sogno avviene davvero. Il passaggio da questa farsa ridicola al luogo del sogno e della magia avviene davvero grazie al rito teatrale che è quello che effettivamente accade nel nostro spettacolo.

Dove sta la magia del testo di Renato Gabrielli?

La magia accade nell’incontro tra l’uomo e la donna, nella relazione che si scopre attraverso i due personaggi e la musica eseguita dalla sacerdotessa. Lui ha come dei deja-vu e sia vero che la conosce o no, attraverso questa musica va a scavare nei suoi ricordi, nella sua vita e va a rimettere in discussione tutta la propria esistenza fino ai tempi del liceo, quando forse aveva conosciuto questa donna.

Cosa significa che il ridicolo si ribalta in sacro?

Significa che la setta è una presa in giro di certi ambienti esoterici legati ai rituali olistici. In realtà, grazie al teatro, si arriva a respirare realmente una sensazione di sacralità proprio dal fatto che appaiono queste visioni, che diventano così reali da essere più vere della realtà iniziale della farsa della setta. Il contrasto tra la realtà del sogno e la sensazione posticcia di questo luogo crea un effetto straniante che chiamiamo sacro.

Siamo di fronte a un rito di passaggio dal torpore della vita contemporanea?

Sì. La vita contemporanea è quella del manager, ma è anche la nostra. Grazie all’incontro, lui mette in discussione la propria quotidianità e le sue abitudini, e si accorge che forse la bellezza sta altrove. Ce l’aveva anche abbastanza vicina, però se n’era dimenticato.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Ippolita Aprile per la collaborazione
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