Gaia De Laurentiis, “Dove ci sei tu”

Le sorelle Glenda e Suzanne vivono in una tranquilla fattoria sull’isola di Manitoulin, in Canada. Sono due personaggi diametralmente opposti: la prima è una compita e seriosa donna di campagna, mentre la seconda è uno spirito libero. In visita sta per arrivare anche Beth, figlia ormai adulta di Suzanne. Con un occhio sempre fisso sul prestante vicino di casa, l’incontro tra le tre donne rischia di trasformarsi in uno scontro tra segreti. E’ il momento della verità.

Dove ci sei tu di Kristen Da Silva è in scena al Teatro Martinitt di Milano fino al 6 novembre. Nel cast ci sono Gaia De Laurentiis, Fabrizia Sacchi, Cecilia Guzzardi e Alessandro Blasioli. La regia è di Enrico Maria Lamanna.

La parola a Gaia De Laurentiis

Perché questa è una commedia sulle donne che fa ridere e riflettere?

Riguarda le donne, ma fondamentalmente l’amore fra tre donne: due sorelle e una figlia. Fa riflettere perché mostra tutte le dinamiche dei rapporti così profondi: si passa dai lati più divertenti e si affronta un rapporto tra madre e figlia in modo molto ironico. L’amore ha sempre due facce. E’ una famiglia particolare, sui generis. Una delle sorelle è vedova, l’altra è single, pur avendo una figlia. Le cose si complicano e oscillano sempre tra la risata e la parte più profonda. Al di là di un grosso segreto, ci sono sempre dinamiche ambivalenti, radicate e difficili da scardinare. Forse non vale però la pena di scardinarle, perché c’è un collante sempre molto forte: l’amore, soprattutto tra le due sorelle.

Si parla di una realtà canadese lontana dalla nostra. Quanto è universale o vicina al nostro quotidiano?

La realtà è oggettivamente lontanissima dalla nostra, perché si parla di un’isola in Canada. Potrebbe però essere anche un paesino italiano da qualche parte, un po’ fuori dal mondo.

L’impulso e l’amore da parte delle donne a dedicarsi sempre a qualcosa o qualcuno tengono insieme tutto?

Assolutamente sì. Loro hanno proprio preso la decisione di isolarsi perché una sorella staccasse da un vissuto doloroso. Il mio personaggio è una bambina non cresciuta, che svela le sue fragilità e le sue profondità. Quello di Fabrizia Sacchi è rimasta vedova ed è molto chioccia nei nostri confronti.

Quant’è forte l’emozione del palcoscenico rispetto a quella della telecamera?

Il mio lavoro è questo. Mi sono diplomata a 21 anni al Piccolo Teatro. Il teatro e la recitazione erano la mia vita da quando sono entrata in Accademia. La tv è arrivata a sorpresa e mi ha dato una popolarità mostruosa all’epoca. La mia indole e la passione più grande erano il teatro, la recitazione, la fiction e il cinema. Al momento si declinano nel teatro. “Target” non era una conduzione, ma erano lanci registrati. Hanno colpito una buona dizione e un buon primo piano. Vengo da una famiglia di musicisti, di insegnanti di conservatorio e di Accademia a Milano. Ho sempre continuato a fare teatro. C’era un bivio e andava fatta una scelta. Quando si sale sul palco, la “strizza” si trasforma in energia positiva!

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Federica Zanini