“LA PARANZA DEI BAMBINI”: L’INFANZIA RUBATA

I bambini campani portano scarpe firmate e le loro sono famiglie quasi normali. Non hanno paura di niente, nemmeno del carcere e della morte. Si danno alla malvita senza farsi mancare nulla: sparano, spacciano e spendono. La paranza dei bambini, scritta da Roberto Saviano e Mario Gelardi che ne firma anche la regia, debutta al Teatro Leonardo di Milano il 22 febbraio, dove rimarrà in scena fino al 4 marzo. Nel gergo camorristico “paranza” significa gruppo criminale, ma il termine ha origini marinaresche e si rifà alle piccole imbarcazioni per la pesca, soprattutto di pesci così piccoli da poter essere cucinati solo per essere fritti. Un’espressione che diventa una metafora appropriata per i giovanissimi legati alla camorra, che Saviano racconta nel suo penultimo best-seller.

Sono protagonisti dello spettacolo Vincenzo Antonucci, Luigi Bignone, Antimo Casertano, Riccardo Ciccarelli, Mariano Coletti, Giampiero de Concilio, Simone Fiorillo, Carlo Geltrude, Antonio Orefice ed Enrico Maria Pacini.

Intervista a Mario Gelardi

“Che cosa sono le ‘grandi ali d’appartenenza’ che i bambini da lei descritti hanno sulla schiena?”

“Rappresentano la scelta di essere una tribù. E’ un segno permanente tatuato in diverse zone del corpo. Un tratto distintivo che li fa sentire tutti uniti, un modo quando si spogliano per raccontare anche agli altri chi sono e di che cosa fanno parte”.

“Si tratta di giovanissimi che non hanno niente da perdere?”

“Quella che fanno è una scelta di vita sicuramente diversa. A differenza di coetanei di altre generazioni che invece capitavano per caso nel mondo del crimine, loro prendono consapevolmente la decisione di appartenere a un determinato mondo. Hanno deciso che non hanno niente da perdere e sanno qual è il loro destino. Nel momento in cui scelgono di far parte di queste tribù sanno già come finirà. Li aspetta un destino tragico e sono contenti anche di questo aspetto”.

“Quanto è stato difficile, se lo è stato, portare questo testo di Roberto Saviano in teatro?”

“Noi abbiamo seguito tutte le fasi di creazione del libro ancora prima che nascesse. Quindi, da questo punto di vista, la nascita dei personaggi è stata per noi abbastanza agevole. Come sempre, quando ci si trova davanti a un libro e a tantissime parole, bisogna scegliere cosa raccontare. Non si può descrivere tutto e la strada da percorrere è la prima selezione artistica che viene fatta”.

“In una sua bellissima canzone vincitrice al Festival di Sanremo nel 1989, Bambini, Paola Turci , riferendosi all’infanzia rubata, diceva:Vendono polvere bianca ai nostri anni e alla pietà.’ Sarà sempre così?”

“Voglio pensare di no. Molti dei ragazzi che vedrete in scena vengono da quartieri considerati a rischio. In cinque anni hanno fatto una scelta precisa: quella di diventare attori e costruire un teatro. Se diamo loro una possibilità, chi è intelligente e ha voglia di cambiare la raccoglie subito”.