Il cast di “Le Giovinette” presenta lo spettacolo

Una storia raccontata con ironia e leggerezza, che riguarda un gruppo di donne che sfida pregiudizi e stereotipi arrivati fino ai giorni nostri e che oggi iniziano, finalmente a dissolversi. All’epoca il gruppo di calciatrici sfidò addirittura il Duce.

Giovinette – Le calciatrici che sfidarono il Duce è in scena al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 27 novembre. Tratto dall’omonimo romanzo di Federica Seneghini e Laura Giani, lo spettacolo è diretto da Laura Curino e vede protagoniste Federica Fabiani, Rossana Mola e Rita Pelusio.

Parlano Rita Pelusio, Federica Fabiani e Rossana Mola

Perché queste tre calciatrici scelsero di sfidare il Duce proprio con il gioco del pallone?

Rita Pelusio: Innanzitutto perché il gioco del pallone era vietato e quindi per poter sfidare qualcosa ci vuole un divieto, ma loro scelgono di sfidare il Duce per passione, perché loro erano delle tifosine che decisero di fondare una squadra di calcio, ma durante il regime alle giovani italiane erano permessi tanti sport come nuoto, atletica leggera e pattinaggio, ma il calcio no perché si pensava che potesse compromettere la funzionalità materna.

Perché gli organi federali all’inizio assecondarono l’iniziativa ma non permisero loro di giocare in pubblico?

Rita Pelusio: Perché all’inizio lo considerarono un esperimento e quindi servivano proprio per sperimentare. Dopodiché invece iniziò la censura proprio perché davano spettacolo, tant’è che sui giornali del regime uscì un articolo molto forte che diceva: “Non sono belle quelle gambe che si alzano violentemente e quei ballonzolamenti di parti più o meno molli delle calciatrici”. Quindi, secondo loro, dopo diventava un dare spettacolo e dunque decisero che i campi dovevano essere cintati e chiusi al pubblico.

A che cosa si deve il fatto che quest’avventura sportiva riuscì a resistere caparbiamente per quasi un anno?

Rossana Mola: Sicuramente alla loro tenacia, nel senso che loro decisero di non fermarsi e che volevano andare avanti. Scelsero di superare caparbiamente tutti i vari ostacoli che vennero posti, quindi vollero andare avanti e lo fecero sfidando. E’ per questo che il loro tentativo di creare questa squadra, di giocare e di farsi vedere giocare durò circa otto mesi. Poi, a un certo punto, devono mollare perché la vittoria è del più forte, in questo caso del regime.

Fu una sfida al loro tempo e al regime fascista?

Federica Fabiani: Diciamo che la sfida era alla situazione dell’epoca. Loro volevano semplicemente giocare. All’inizio non c’era un divieto effettivo, ma ideologico. Non stava bene che le donne facessero quel gioco e più l’opinione pubblica si rendeva conto che loro continuavano e quindi avevano un ascolto, più la politica doveva prendere atto di questo non star bene. Quindi loro mettevano i divieti pezzo dopo pezzo.

Rita Pelusio: C’è anche una particolarità data da una meschineria di regime, nel senso che alle donne era concesso fare altri tipi di sport nei quali il regime pensava che loro potessero essere molto più forti. Il regime è quindi doppiamente meschino, le sottrae alla loro passione per poi rivendersele in altri sport dove erano sicuri che sarebbero diventate delle campionesse e quindi avrebbero celebrato la gloria del regime.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Foto in evidenza di Laila Pozzo
  • Si ringrazia Giulia Tatulli
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