A Milano, nel quartiere Giambellino, si presenta il Dio della giustizia. Deve trovare almeno un’anima buona. Grazie all’aiuto di Franco, un senzatetto del quartiere, il Dio troverà in Chanté una persona disposta ad aiutare un poveretto. Ricompensata con una somma enorme di denaro, la ragazza, ingenuamente idealista, darà tutta se stessa e tutti i suoi soldi per lo scopo.
L’anima buona di piazza Tirana è in scena al Pacta Salone di Milano il 20 e il 21 dicembre. La regia è di Mario Gonzalez e ne sono protagonisti Irene Arpe e Luigi Vittoria.
Intervista a Mario Gonzalez, Irene Arpe e Luigi Vittoria
Perché in questo spettacolo non ci sono scenografie né costumi?
Mario Gonzalez: Perché non mi sono necessari. Con corpi e voci come le loro, per me il teatro è nei corpi. Devono faci vedere le cose, i luoghi e gli ambienti. Qui abbiamo una quinta per permettere all’attrice di cambiarsi, mettere una maschera e diventare un altro personaggio. Questo non si poteva fare senza la quinta. Si poteva farlo sparire e uscire ma è più brutto e così abbiamo la quinta con noi. Non abbiamo bisogno di andare da un teatro all’altro. Arriviamo in una struttura senza quinta e dove si cambiano gli attori? Quindi abbiamo deciso di fare così e noi stessi abbiamo fatto la quinta.
In che modo tutto quello che accade sul palco può cambiare ogni sera?
Luigi Vittoria: Oltre a fare gli spettacoli con Mario, noi siamo stati anche molto formati da lui perché lavoriamo insieme da tanti anni e questo è uno dei suoi insegnamenti principali. Per lui ogni sera deve essere una cosa diversa, nel senso che quello che lui ci chiede e che spesso quando siamo in teatro è un po’ strano, è di tenere le luci di sala accese, perché noi recitiamo guardando in faccia le persone. Se ci spostiamo in scena, lo facciamo perché prendo di mira uno spettatore e parlo con lui. In questo senso, a parte pochissime cose, nessun movimento è fissato in scena.
Mario Gonzalez: Sul palco per me c’è la regola di non nascondere quello che sta dietro, quindi gli attori si muovono gli uni con gli altri.
Luigi Vittoria: Un testo c’è e abbiamo lavorato tantissimo sulla scelta delle parole. Il copione è perfetto, nel senso che ogni sera diciamo quelle parole, ma non sappiamo mai come le diciamo.
Partecipa anche il pubblico allo spettacolo?
Irene Arpe: Di solito sì, magari tanto, magari meno.
C’è una parte di improvvisazione nello spettacolo?
Luigi Vittoria: Siamo molto fedeli al testo, ma in qualsiasi momento ci possono essere delle parentesi che noi stessi non sappiamo in base a quello che succede con il pubblico. Questo avviene perché recitiamo guardando gli spettatori e li vediamo.
- Intervista di Andrea Simone
- Foto in evidenza di Anna Minor
- Si ringrazia Giulia Colombo per la collaborazione
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