Il 1992 fu un anno tragico per l’Italia. A meno di due mesi di distanza l’uno dall’altro, morirono infatti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, due dei giudici più tenaci, onesti e agguerriti nella lotta a Cosa Nostra. Due attentati violentissimi, a Capaci e in via d’Amelio a Palermo, sui quali ancora oggi gravano molti interrogativi.
Per una sola data, al Teatro Leonardo di Milano, va in scena il 9 febbraio L’agenda – 19 luglio 1992, che ci fa tornare proprio al giorno della terribile strage di via d’Amelio in cui perse la vita Paolo Borsellino. Ne è protagonista Barbara Grilli, che presenta un toccante testo scritto e diretto da Giovanni Gentile.
Parla Barbara Grilli
Credo siano in pochi a non saperlo, ma vuoi spiegare che cos’era l’agenda rossa?
Paolo Borsellino, un grande giudice istruttore e un uomo meraviglioso come spesso detto dai suoi familiari, portava sempre con sé un taccuino rosso, diventato in seguito il simbolo del “Movimento Agende Rosse”, su cui prendeva tanti appunti. Come confermato subito dopo la strage, l’agenda conteneva tante informazioni che non potevano essere divulgate, tra cui molte vicende riguardanti la trattativa Stato-mafia, che è anche al centro dello spettacolo di cui sono protagonista.
Il tuo monologo ci presenta un’analisi storica dei fatti o il tentativo di dare una risposta a domande su cui a distanza di 30 anni ci sono ancora troppi dubbi?
In realtà entrambe le cose. Nella prima parte del racconto c’è infatti un’analisi della nascita del pool antimafia sotto Rocco Chinnici. Alla fine si arriva alla narrazione di tutta la strage, cioè a quel maledetto 19 luglio 1992.
Quanto è grande secondo te la colpa dello Stato nelle stragi di quell’anno?
Oggi, per “riaprire le coscienze”, mi trovo a far rivivere su un palco una vicenda terribile vissuta allora da cittadina. Dagli studi fatti e da quello che racconto, credo che lo Stato abbia una grande parte di responsabilità in questa vicenda. Ci sono troppi disastri di cui non si parla, troppe incongruenze, coincidenze e cose celate. Non posso certo dire che ci sia una totale responsabilità ma nemmeno affermare il contrario.
L’uccisione di Paolo Borsellino aveva secondo te la finalità di nascondere per sempre insieme a lui delle verità che sarebbero venute presto a galla grazie al suo instancabile lavoro?
Sicuramente. Nell’agenda c’erano infatti informazioni molto importanti, frutto di una grandissima attività, tra cui interrogatori con pentiti o rivelazioni che Borsellino avrebbe denunciato a magistrati che conosceva. Dopo il 1992, ci avviciniamo sicuramente alla fine di un’epoca, di un lavoro di magistratura portato avanti per dieci anni da lui e Falcone. Avevano cominciato infatti quando fu creato il pool antimafia. Fu l’inizio importantissimo della nuova magistratura perché rappresentò il tentativo di raccogliere più informazioni possibile per far venir fuori tutti i colpevoli.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Alessandra Paoli per la collaborazione
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