Debutta in prima milanese al Teatro della Cooperativa dov’è in scena fino a domenica 16 gennaio lo spettacolo Memorie di una ciciona. Un monologo prodotto dalla compagnia NIM, che vede protagonista Simonetta Guarino, nota al pubblico per le sue partecipazioni a Zelig. La regia è di Marco Taddei. Sul palcoscenico l’attrice racconta aneddoti, vicissitudini, situazioni divertenti, buffe, imbarazzanti ed esilaranti di una donna over-size.
La parola a Simonetta Guarino
Il body shaming è una pratica offensiva. Come lo affrontate nello spettacolo?
Riflettiamo in modo divertente e un po’ dissacrante sugli stereotipi che riguardano la “ciciona”. In un pezzo del testo parliamo dell’immaginario cinematografico: di solito il lieto fine di una giovane “ciciona” è quello di diventare sottile come una Barbie per fare innamorare di sé il più bello della classe che l’aveva sempre chiamata “balena”. Rimanendo in ambito cinematografico, un “cicione” ha molte declinazioni: gli sceneggiatori concepiscono più chance per il suo futuro: un boss “cicione”, un killer “cicione”, un miliardario “cicione”. Le donne vengono definite per il loro aspetto fisico molto più dei maschi. Tutto questo trascina a cascata la grassezza: la “ciciona” ingrassa, incuriosisce, intriga. Da una parte suscita un interesse curioso, dall’altra viene sottoposta a una critica costante che la fa diventare soltanto una “ciciona” e basta. Non è interessante quello che sa fare.
Perché il body shaming sta alla Ciciona come l’orso sta al miele?
Perché la “ciciona” mette allegria! Secondo me è questo il punto. Una persona “diversamente bella” viene disprezzata e criticata in un modo crudele che rende tutto più freddo. La “ciciona” invece diverte, fa sorridere e mette di buon umore. Questo consente di fare body shaming con una leggerezza maggiore.
Quindi, con ironia, il tuo spettacolo parla di qualcosa che riguarda tutta la società?
Sì, ma anche gli stereotipi sulle donne grasse.
E’ molto curioso il titolo. Come mai è scritto con una “C” sola?
Perché le doppie sono faticose da pronunciare. Pesano! Ovviamente la “ciciona” è pigra e io racconto anche aneddoti o fatti di autocritica. Per esempio parlo del senso di colpa che prova una “ciciona” quando entra in un ascensore affollato e tutti dicono: “Non ci sta, se non ci sta, non ci sta!”. Figuriamoci se lei fa le scale a piedi! Niente e nessuno la convinceranno a salire fino al terzo piano a piedi. Essere ciccioni condiziona la vita, è come un gatto che si morde la coda: chi è pesante fa più fatica a muoversi; più è difficile muoversi, meno ci si muove; meno uno si muove, più ingrassa!
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Giulia Tatulli per la collaborazione
- Foto di Samuele Puppo