E’ Valentina Banci ad aprire la stagione del Teatro della Contraddizione di Milano dal 22 al 25 ottobre con uno spettacolo da lei scritto, diretto e interpretato: I giganti della montagna – Voce sola, tratto da una delle opere più famose di Luigi Pirandello.
La storia di una compagnia di attori allo sbando e allo stremo, sopravvissuti allo scopo di raccontare un’unica opera che la gente rifiuta. Per fedeltà alle parole del Poeta, che per lei si è tolto la vita, la primattrice ha però dedicato proprio a quest’opera la sua intera esistenza.
Intervista a Valentina Banci
Vogliamo raccontare la trama de “I giganti della montagna”?
E’ la storia della compagnia della contessa Ilse, ormai ridotta all’osso, che arriva nella villa degli scalognati, isolatissima rispetto al mondo. Qui il mago Cotrone e una serie di personaggi – che oggi potremmo definire “emarginati della società, perdenti e falliti”, ma in realtà persone incredibili e di una fantasia abbastanza rara – si sono ritirati per vivere fuori dal mondo. E lo fanno nel credo del mago, che è poi fondamentalmente l’alter ego di Pirandello: cioè che l’arte può sopravvivere ormai solo al di fuori della società per se stessa, ritornando a un rapporto con la natura e con l’aspetto più “animico” dell’essere umano.
Quindi ci sono queste due grandi contrapposizioni intellettuali: quella di Ilse, con un discorso legato a un credo fortissimo che la porterà addirittura alla morte: cioè che la bellezza e la poesia devono ancora parlare e vivere tra gli uomini. Porta quindi avanti lo spettacolo che ha ridotto sul lastrico l’intera compagnia che aveva conosciuto fasti grandiosi. Uno spettacolo scritto dal poeta che per lei si è ucciso. Per Ilse è una missione esistenziale, primaria e unica da portare avanti nel mondo, fino a morire e a far morire tutti. Poi c’è la parte dei Giganti in cui è racchiuso tutto il senso dell’opera di Pirandello: sono i potenti che oggi potremmo identificare con il mondo della finanza e il grande capitalismo che ha comprato l’essere umano.
Com’è nato questo tuo progetto e quanto sei stata fedele al testo originale di Pirandello?
Ho cercato di attenermi fedelmente al suo lavoro. In realtà ho solo fatto una drammaturgia di tagli, perché nell’assolo era necessario per me lavorare con questa logica. Tenevo particolarmente che venisse fuori il discorso della narrazione e dei tanti significati presenti, perché è un testo molto ricco e dalle possibilità di lettura infinite. Io ho fatto la contessa Ilse in una produzione europea in sei lingue: un esperimento molto bello e complesso mai arrivato in Italia. Quindi amo e frequento questo testo da anni come attrice. Durante la pandemia, I giganti della montagna è tornato prepotentemente dentro di me, perché lo trovo di un’attualità sconcertante. Parla della situazione attuale in un modo che più chiaro e profondo non si può.
Che cosa rappresenta la Voce Sola?
E’ un assolo, anche se ci sono tutti i personaggi presenti in una forma di schizofrenia messa in scena in un modo particolare. Però è anche una Voce Sola, perché in realtà ho scritto io di mio pugno il finale dello spettacolo durante la quarantena, pensando proprio alla voce sola degli artisti che muoiono di fame da secoli e oggi ancora di più. E’ presente questo ruggito solitario dell’artista abbandonato dalla società.
Perché nelle note di regia dici che “questo testo può dire tutto e il contrario di tutto”?
Perché è un testo molto complesso e filosofico, che presenta centinaia di piani di lettura. Inoltre è anche leggibile come una grande, immaginifica favola nera. Infatti è proprio questa la sua forza. Una forza teatrale quasi infantile, che ci incanta con magie e un linguaggio poetico che in Pirandello raggiunge le sue vette più alte.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringraziano Antonietta Magli e Anna Russo del Teatro di Dioniso per il supporto professionale