“I SILLABARI”: AMORE, INGENUITA’, POESIA E SOGNO

I Sillabari sono 54 brevi racconti considerati il vero capolavoro di Goffredo Parise. Sono piccole storie di gente comune che diventano una riflessione sull’esistenza, poesie in prosa sui sentimenti da cui emerge una storia di riscoperta dei valori più autentici. Nel progetto iniziale avrebbero dovuto arrivare fino alla Z, ma invece si fermarono alla S. Ora quest’opera diventa uno spettacolo teatrale diretto da Lorenzo Loris, che ha ideato il progetto insieme a Roberto Traverso, in scena al Teatro Out Off di Milano fino al 23 dicembre. Ne sono protagonisti Edoardo Siravo, Stefania Barca e Monica Bonomi.

Parla Lorenzo Loris

“Sono i sentimenti umani i veri protagonisti di questo spettacolo?”

“Sì. Il testo de “I sillabari” è quello dei racconti brevi da cui abbiamo preso lo spunto. Sono la gran parte dei racconti che Roberto Traverso e io abbiamo incastrato a mosaico e messo insieme per riassumerli nella nostra proposta. Hanno come tema i sentimenti, tant’è vero che il testo de “I sillabari” – il libro che raggruppa questi microracconti – è diviso per lettere dell’alfabeto e a ognuna di queste corrisponde un sentimento.”

“Come mai Parise si fermò alla S?”

“Per un fatto singolare: a un certo punto lui disse che si fermò perché non si sentiva più trasportato dalla poesia, perché lui teneva a sottolineare che “I sillabari” sono un incrocio tra la poesia e la prosa, sono poesia in prosa. Non è un caso che si sia fermato alla “S” di Sentimento. Non dico che avesse perso l’ispirazipone, ma forse erano venute meno le ragioni che lo avevano spinto a raggruppare tutti i microracconti che lui aveva scritto da fine anni ’60 al 1970. Erano stati in gran parte pubblicati sul “Corriere della Sera” quando svolgeva la sua attività di inviato e di editorialista per il giornale.”

“Scrivere era una ragione di vita per Parise?”

“Assolutamente sì. Vivere e scrivere erano molto legati nella sua esistenza. Come Alberto Moravia, Parise scrisse un libro a 18 anni, “Il ragazzo morto e le comete“, un romanzo molto singolare che rimane uno dei suoi capolavori. E’ un testo di allegorie in cui dimostra grande fantasia. Visto che ha raccontato così presto il mondo della propria infanzia, forse ha poi sentito il bisogno di gettarsi nella vita, tant’è vero che poco dopo si è spostato dalla provincia vicentina a Milano ed è diventato inviato del “Corriere”. La sua sete di vita lo ha portato a tradurre questa voglia e questo desiderio di vita in scrittura.”

“Qual è il mondo sommerso de I sillabari?”

“E’ un mondo di malinconia e di profondo dolore, ma “I sillabari” sono in realtà dei racconti comici e divertenti. Lo dico perché c’è una nota dolorosa che non traspare in maniera evidente, ma che accompagna la scrittura di Parise, perché in quel periodo scoprì di essere gravemente malato. I suoi racconti però sono scritti con grande leggerezza, con lo stupore e il candore che possono avere i bambini e ci colpiscono profondamente, forse perché al di là della superba maestria della lingua, mettono a confronto questo candore e questo sguardo così stupito di fronte al mondo, tipici di un uomo maturo che però sapeva di essere arrivato agli ultimi giorni della propria vita.”