L’attimo fuggente è uno dei cult movie più famosi della cinematografia anni Novanta. La storia del professor Keating, allontanato da un prestigioso college americano per i suoi metodi educativi troppo anticonformisti rispetto al rigido protocollo statunitense, arriva al Teatro Arcimboldi con la regia di Marco Iacomelli.
Il pubblico potrà quindi conoscere, vedere e apprezzare la storia di un uomo che insegnava ai giovani i veri valori della vita, spronandoli a viverla momento per momento. Ogni attimo che passa infatti non tornerà mai più.
Ettore Bassi è il professor Keating, interpretato nella versione cinematografica dal compianto Robin Williams. Il severo preside della scuola Paul Nolan ha il volto di Mimmo Chianese. Completano il cast Marco Massari (il signor Perry), Matteo Vignati (Neil Perry), Alessio Ruzzante (Todd Anderson), Matteo Napoletano (Charlie Dalton), Matteo Sangalli (Knox Overstreet), Leonardo Larini (Richard Cameron), Edoardo Tagliaferri (Steven Meeks) e Alessandra Volpe (Chris).
Parla il regista Marco Iacomelli
Quanto è rimasto o hai aggiunto rispetto al film originale diretto da Peter Weir?
E’ la prima prosa che produciamo con la scuola del teatro musicale. Il film rimane un punto di riferimento nel momento della ricerca. Il punto di partenza però è l’adattamento di Tom Schulman, lo sceneggiatore che ha vinto il Premio Oscar e fatto l’adattamento teatrale, nonostante la sua scrittura sia molto cinematografica. Nel nostro spettacolo oltretutto ci sono ben 26 cambi scena. Dato che la versione teatrale è fedele alla sceneggiatura, abbiamo conservato quasi tutto nei ritmi e nei tempi degli aggiustamenti necessari.
L’impianto scenico invece è completamente diverso. Invece di dare una direzione verista alle scenografie richiesta dal codice cinematografico, noi abbiamo usato un segno più simbolico in virtù dei 26 cambi scena. Ci sono due fogli che si appoggiano creando due limbi su cui ci sono due interventi di videoproiezione, che però non rappresentano niente di invasivo. Lo spettacolo è più concentrato sulle relazioni tra i personaggi.
Che direttive di regia hai dato ad Ettore Bassi e agli altri attori?
Siamo partiti da un’analisi del testo fatta con gli attori. Ho ascoltato le proposte degli interpreti e valutato insieme a loro le diverse scelte nell’equilibrio delle relazioni all’interno della vicenda raccontata.
Quali sono state le difficoltà (se ci sono state) di adattare un film così famoso per il palcoscenico?
La sfida reale è stata quella di non copiare il film, perché Robin Williams era anche un improvvisatore. Ci sono quindi delle caratteristiche che appartengono a lui ma che non vanno imitate, perché Ettore Bassi mette il proprio apporto, come fanno gli altri attori rispetto al personaggio che devono interpretare. L’importante è rendere più autentico possibile il racconto senza farsi condizionare dall’interpretazione di un altro cast creativo e altri artisti, pur avendone contezza.
Perché, secondo te, “L’Attimo Fuggente” rappresenta ancora oggi una pietra miliare nell’esperienza di migliaia di persone in tutto il mondo?
E’ un film di formazione perché i temi sono universali e quindi funziona sempre. C’è il momento di crescita degli studenti ma anche il rapporto tra le aspettative dei genitori, le vocazioni dei figli e il delicato ruolo dei due educatori: il professor Keating e il preside Nolan. I giovani si immedesimano negli studenti e nel ragazzo che vuol fare teatro ma viene ostacolato dal padre, si identificano nella volontà di avere un docente che fa da guida e che va oltre i contenuti del programma.
Tanti formatori, educatori, professori e genitori vengono a vedere “L’attimo fuggente” e si ritrovano a doversi confrontare con responsabilità, scelte e con se stessi. Come in tutte le storie, non c’è una lettura univoca, ma un punto di vista unanime che va rappresentato senza giudizio. L’importante è rappresentare fedelmente una vicenda, comprendendone con sensibilità tutti gli aspetti e gli apporti. L’obiettivo è fare in modo che sia lo spettatore a dare vari livelli di decodificazione.
- Intervista di Andrea Simone
- Foto di Giovanna Marino
- Si ringrazia Cristina Atzori per la collaborazione