Dopo il successo della scorsa stagione, torna in scena il grande romanzo sulla crisi dell’io, in cui Luigi Pirandello mette in campo il desiderio di cambiare identità, di avere una seconda possibilità dalla vita, che ci consenta di cancellare tutto il passato e ricominciare da zero una nuova esistenza. E’ il sogno di azzerare la memoria e ripartire, più leggeri e liberi dal fardello di quello che è accaduto prima, ma forti di una coscienza di vita, che ci consenta di non commettere più gli stessi errori.
Il fu Mattia Pascal è in scena al Teatro Litta di Milano fino al 22 novembre. Adattato da Alberto Oliva, che ha firmato anche la regia, e Mino Manni (presente anche in scena), vede protagonisti Marco Balbi, Margherita Lisciandrano, Gianna Coletti e Alessandro Castellucci.
Intervista a Mino Manni e Alberto Oliva
“Che tipo di seconda possibilità viene data al protagonista di questa storia?”
Mino Manni: “La seconda possibilità è quella che lui si dà, nel senso che la vicenda nasce da una morte apparente. Quindi per sua decisione, con questa scusa, cerca di costruirsi una nuova vita. Quella passata infatti non gli andava più bene perché era una vita fatta di debiti, di problematiche con la famiglia e situazioni che sono anche molto attuali. Quindi lui cerca di darsi un’altra possibilità, che però fallisce perché non possiamo allontanarci da noi stessi, da quello che siamo e soprattutto da quello che gli altri pensano di noi.
Dunque questa seconda possibilità – che dovrebbe essere sulla carta una vita straordinaria passata a girare per il mondo, libero senza alcun tipo di legame se non solo con se stesso e con quello che trova viaggiando – si rivelerà un fallimento. Questo perché noi siamo sempre noi, con i nostri dubbi e la nostra impossibilità di dichiararci totalmente esistenti nel momento in cui la nostra identità continua a fluttuare, come dice Pirandello. Quindi l’umorismo pirandelliano è quello che ci aiuta a superare questa disconnessione.”
Alberto Oliva: “La crisi dell’io comporta un pasticcio, un tentativo di costruirsi qualcosa di appiccicato che non ci appartiene. Questo è un po’ il rischio che corrono tutti i personaggi ma anche la gente che vive in questi tempi di grande confusione di valori. Pirandello è sicuramente un precursore della modernità della nostra epoca, nella quale non esistono più punti di riferimento sicuri ai quali aggrapparsi per costruirsi un’identità. Quindi è molto facile che vada in crisi quella cosa che si chiama “io” ma che poi è in realtà l’adesione a un modello e a uno stereotipo. Non essendoci il modello, vale tutto. Allora, se si è sufficientemente centrati, si riesce a stare in equilibrio, altrimenti si crolla. Questo sta succedendo sempre più spesso.
Leggevo che è l’epoca in cui si vendono più psicofarmaci e ci sono più corsi di psicologi, che sono ormai diventati i cercatori d’oro perché ne trovano un sacco. Ritornare a un Pirandello che ha saputo analizzare questo tipo di problematica umana prima che scoppiasse in maniera patologica è sicuramente un aiuto, un valore, un baluardo. Quello che dico sempre io è che c’è troppa gente che sta male perché gli altri stanno male e che bisogna stare bene per far star bene anche gli altri. Bisogna proprio rivoluzionare il proprio punto di vista e non soffrire per il male degli altri, ma aiutare chi sta male a stare meglio.”
“Di che cosa è fatto il mondo di cui Mattia Pascal è prigioniero?”
Alberto Oliva: “Il mondo è fatto di ombre, questa ovviamente è la nostra interpretazione dello spettacolo e del mondo di Mattia Pascal. Abbiamo scelto questo codice del teatro e delle ombre per raccontare la prima vita di Mattia Pascal in cui si sente intrappolato in una specie di teatrino in cui è prigioniero. Tutto lo spettacolo comincia con questa scena di teatro d’ombre molto fatuo, evanescente e vacuo, di cui poi alla fine invece Mattia si appropria. Strappa il velo su cui venivano proiettate queste ombre e un po’ come l’uomo della caverna di Platone scopre che esiste qualcosa al di là dell’ombra, prova a vivere una vita in carne e ossa che si rivelerà un fallimento, forse anche per gli incontri che fa. Quindi sceglie di tornare ombra ma non ci riesce.”
“In che modo Mattia Pascal cerca di dare concretezza alla sua nuova identità?”
Alberto Oliva: “Appropriandosi della sua carnalità, viaggiando e scappando. Tornando al romanzo che è la nostra fonte, cerca di scoprire che cosa significa la libertà. Il problema è che tutti noi pensiamo di non avere la libertà e che questa sia la possibilità di fare tutto, salvo poi scoprire che senza le regole non si è liberi. Questa è la grande scoperta di Mattia Pascal. Il problema è quali regole uno si deve dare.”
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringrazia Alessandra Paoli per il supporto professionale