Andrea è un uomo molto attivo e produttivo nonostante l’età ormai non più giovanissima. Comincia però a dare sintomi di una malattia che potrebbe far pensare al morbo di Alzheimer. Anna, la figlia a lui molto legata, gli propone dunque di stabilirsi nel grande appartamento che divide con il marito. Con le migliori intenzioni, la donna crede che sia la soluzione migliore per prendersi cura del padre, ma nulla va come previsto. Andrea si rivela un personaggio difficile da gestire, soprattutto per la sua totale incapacità di rinunciare alla propria indipendenza.
Il padre di Florian Zeller è in scena al Teatro Manzoni di Milano dal 10 al 27 gennaio con la regia di Piero Maccarinelli. Ne sono protagonisti Alessandro Haber, Lucrezia Lante Della Rovere, Paolo Giovannucci, Daniela Scarlatti, Ilaria Genatiempo e Riccardo Floris.
La parola a Lucrezia Lante Della Rovere
“Qual è lo spirito con cui Anna affronta la malattia del padre?”
“E’ lo spirito di una donna che ce la deve mettere tutta, che si deve prodigare in un’avventura molto dolorosa: quella in cui noi ci dobbiamo occupare dei nostri genitori, nel momento in cui diventiamo genitori dei nostri genitori. Si entra in un ruolo molto faticoso e doloroso, perché va a rompere degli equilibri che si stanno costruendo nella vita. Anna per esempio ha un rapporto di coppia con il suo nuovo compagno – qui interpretato da Paolo Giovannucci, un bravissimo attore entrato quest’annno nella nostra compagnia – che viene un po’ disturbato e messo alla prova da una continua richiesta di attenzioni da parte del padre malato. Questo va a scalfire l’identità di Anna, che lei ha cercato di costruirsi per tutta la vita e che suo padre non riconosce.”
“E’ dovuta alla perdita della memoria da parte di Andrea l’incapacità di comunicazione che si stabilisce tra i due protagonisti?”
“E’ un aspetto molto doloroso perché si rimane inermi. Il morbo di Alzheimer è una malattia che dà adito a moltissimi qui pro quo, che fanno anche ridere.. E’ una malattia che fa tornare bambino il protagonista, quindi ci sono dei momenti anche divertenti.”
“Quali sono le contraddizioni in cui incappa Andrea?”
“Le contraddizioni sono quelle di un padre che prima viene descritto come autoritario, nonostante fosse molto amato, e che poi diventa come un bambino che chiede gli venga cantata una ninna nanna. Andrea prima era un ingegnere e poi si mette a fare il ballerino di tip tap. Sono contraddizioni che fanno parte dell’identità che lui pensa di avere.”
“Come si può affrontare un argomento difficile come questo con l’ironia?”
“Intanto ti deve appartenere. E’ il motivo per cui quando io ho letto questa commedia ho pensato subito che mi appartenesse. Ho avuto istintivamente un’illuminazione sul fatto che sarebbe stato uno spettacolo vincente. Ovviamente lo ha creato un bravissimo autore, Florian Zeller, che deve essere un uomo dotato di grande ironia e grande intelligenza, perché è riuscito a scrivere questa commedia senza spiegare che cos’è il morbo di Alzheimer, ma inventando un meccanismo in cui il pubblico si ritrova spettatore del processo mentale del malato. Quindi all’inizio è anche spiazzato e questa commedia diventa quasi un giallo. Nei primi attimi il pubblico rimane stupito dal fatto che le scene vadano avanti e indietro e che non seguano una loro consequenzialità cronologica. E’ come leggere un libro alla fine e poi tornare all’inizio, perché il malato non segue una sua logica. Questo racconta proprio la drammaticità della malattia, perché non ci si può più rapportare in modo razionale con una persona che si sta perdendo.”
- Intervista e riprese video di Andrea Simone
- Si ringrazia Manola Sansalone per la gentile collaborazione