“GLI INNAMORATI”: 4 DOMANDE A MARCO LORENZI

Il Teatro Sala Fontana di Milano propone fino a domenica 19 febbraio Gli innamorati di Carlo Goldoni. Diretto da Marco Lorenzi anche protagonista in scena, lo spettacolo annovera nel cast Fabio Bisogni, Roberta Calia, Andrea Fazzari, Barbara Mazzi e Raffaele Musella.

Una scenografia speciale

La storia si svolge per intero in un luogo solo, chiuso, un po’ claustrofobico e un po’ decadente. Goldoni lo chiama “la stanza comune di una casa piuttosto strana”. Questo luogo di cui parla l’autore è pensato dalla scenografa Gaia Moltedo come uno spazio neutro in cui tutto è “a vista”. Persino gli attori non abbandonano mai la scena, restandone ai margini quando tocca ad altri recitare.  Un palco spoglio senza quinte, dotato solo di una porta sul fondo, è dunque il “ring” su cui si alternano le vicende di questi personaggi, animati da una serie di fraintendimenti, malintesi e gelosie d’amore.

Teatro.Online ha intervistato Marco Lorenzi, regista e protagonista dello spettacolo.

La parola a Marco Lorenzi

“Si può dire che l’amore sia il principale motore dell’azione di questa commedia di Goldoni?”

“Certo, per forza. Nasce da questo e si chiude con questo. La cosa affascinante del testo è che è un’anatomia di un’educazione sentimentale per due ragazzi molto giovani.  Loro sono per la prima volta in confronto e in rapporto con questo sentimento. La verità e la forza di questo sentimento sono talmente tanto una novità per loro che non lo riescono a gestire. L’interesse di Goldoni è esclusivamente incentrato sull’anatomia della nascita di un rappporto d’amore. Quindi è vero che è il motore centrale dell’azione ed è lo zenit. Qualsiasi cosa accade intorno a Eugenia e Fulgenzio è dettata dalla capacità o dall’incapacità di sentire la forza di questo sentimento”.

“E’ la gelosia il tarlo che rischia di rovinare tutto?”

“Sì. La gelosia è il meccanismo comico che utilizza Goldoni per scrivere una commedia straordinaria. Chiaramente la gelosia diventa poi una definizione che viene data ad un sistema di emozioni, sentimenti e anche di psicologia molto più complessa. E’ il nome che noi diamo al nostro sentimento di insufficienza, di insicurezza e di mancanza verso l’altro. In maniera generica la chiamiamo gelosia. Goldoni è stato molto astuto nell’inventare un personaggio assolutamente non pericoloso all’interno del testo. Lui però riesce a stimolare e ad accendere questi sentimenti di gelosia. In realtà quello che c’è sotto, il meccanismo più recondito, psicologicamente interessante e che rende tutto così contemporaneo per chi lo guarda, è il mio sentirmi insufficiente, insicuro e non bastante per l’altro che amo”.

“Come mai ci troviamo di fronte a una società in piena crisi economica e dei valori?”

“Perché probabilmente la società è sempre stata in piena crisi economica, sociale e dei valori. Se dal 1750 a oggi non è cambiato assolutamente niente, è perché l’uomo da un punto di vista chimico e neurologico invecchia e si evolve con una lentezza esasperante. Quindi i nostri automatismi sono ancora quelli del 1750. Se ci pensiamo bene, questa crisi dei valori e questa crisi economica non ci hanno lasciato più”.

“L’amore di Eugenia e Fulgenzio rappresenta una speranza?”

“Io penso proprio di sì. C’è un motore che ha spinto me a mettere in scena questo testo e a fare questo spettacolo. Nel nostro mondo, ma non in quello di Goldoni, in piena crisi economica, sociale e di valori, uno dei grandi doveri che hanno il teatro e l’arte in generale è anche quello non solamente di raccontare in maniera critica e crudele la società che ci circonda.  C’è anche la necessità di cercare di assolvere questo compito umanissimo che ha a che vedere con l’empatia. L’empatia in questo testo è centrale. E’ come se Goldoni ci dicesse che se ci sforziamo di comprenderci e di fare uno sforzo verso l’altro, c’è una possibilità di salvezza, di miglioramento e di rinascita. Questa è una cosa molto bella nel testo di Goldoni. E’ un’eredità forte che ci lascia e che continua ad essere contemporanea”.