Io, trafficante di uomini è un lavoro teatrale che nasce nell’agosto 2018 e si basa su testimonianze vere: quelle di una giovane profuga siriana incontrata dai due autori e quelle di un reportage inchiesta lungo due anni e mezzo, girato tra Europa, Medio Oriente e Africa.
In scena ci sono un giornalista e un’attrice che raccontano la storia di Lucia, una giovane siriana che vive a Lugano da un paio d’anni. Dal suo racconto emergono analogie tra i trafficanti incontrati dal reporter e le storie raccontate dalla ragazza.
Io, trafficante di uomini è una produzione del Teatro dell’Argine in collaborazione con il Teatro Sociale di Bellinzona in scena al Teatro della Cooperativa il 19 e il 20 ottobre. Nato dal testo Confessioni di un trafficante di uomini di Andrea De Nicola e Giampaolo Musumeci, che ne è anche protagonista, lo spettacolo è diretto da Andrea Paolucci e prevede la partecipazione di Margherita Saltamacchia.
Quattro domande a Giampaolo Musumeci
“Il vostro è uno spettacolo inchiesta?”
“Diciamo che è un’inchiesta che è diventata uno spettacolo. Speriamo che sia un’inchiesta spettacolare. Ha solide base giornalistiche di un lavoro lungo fatto con Andrea De Nicola, che poi abbiamo tentato di rendere ancora più fruibile. Direi quindi che la risposta alla tua domanda è sì.”
“C’è anche una forte denuncia sociale da parte vostra?”
“Più che una denuncia sociale c’è una denuncia politica, perché quello che esce dalle parole dei trafficanti incontrati è che l’Europa e le politiche migratorie hanno una fortissima responsabilità sul ruolo e sull’esistenza dei trafficanti di migranti. L’assenza di alternative ai corridoi umanitari alimenta questo business criminale. Più che una denuncia sociale è una denuncia psicologica, perché deriva da quello che ho detto: spesso si affida agli scafisti il ruolo del male assoluto, quando invece i grandi trafficanti stanno al sicuro nelle retrovie. Poi, con lo spettacolo e con il libro, si scopre che in realtà i trafficanti forse non sono del tutto cattivi. Se dovessi sintetizzare, direi che è il trionfo del grigio. Ci sono molte sfumature, molte zone di luce e di ombra che nello spettacolo speriamo di far emergere.”
“Viene svelato quello che rimane nascosto nelle teste di chi sfrutta il fenomeno delle migrazioni?”
“Sì, perché nel racconto entriamo nella testa di un trafficante, capiamo qual è stata la sua educazione sentimentale e criminale, come ha mosso i primi passi e perché è diventato quello che è diventato. Quindi capiamo anche le sue ragioni, le sue pulsioni ed eventualmente anche le sue strutture.”
“Quanto è difficile per un giornalista o un attore che raccontano storie come questa mantenerne un distacco emotivo?”
“E’ molto difficile e credo che sia una questione di mestiere. E’ una tecnica. Facendo anche il fotografo e usando il microfono e la telecamera, io utilizzo quello strumento tecnologico come un diaframma per essere più neutro. E’ inevitabile però metterci sempre del proprio. Ma se si ci si affida alla lente giornalistica, se si fanno le cose fatte bene, l’empatia viene messa in sospensione. Io ho passato una settimana con un trafficante al Cairo ed era una persona estremamente piacevole, pur essendo uno che faceva i soldi sulla pelle dei migranti. Quindi se uno riesce a mettere una lente neutra davanti all’obiettivo, penso che faccia bingo, perché riesce a raccontare le cose senza farsi tirare per la giacchetta da un’emozione piuttosto che da un’altra.”
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Giulia Tatulli per il supporto professionale