“ISABEL GREEN”: UN OSCAR NON FA LA FELICITÀ

Isabel Green, una grande star di Hollywood, ha appena vinto il premio Oscar come miglior attrice protagonista. E’ sul palco del Dolby Theatre con in mano la statuetta che sognava fin da quando era bambina, ma dentro di lei qualcosa non va.

L’intervista realizzata da Teatro.Online nel gennaio 2018 (non considerare la data finale)

Isabel Green, una produzione del Teatro Atir Ringhiera, è in scena alla sala Bausch del Teatro Elfo Puccini di Milano dal 19 al 24 marzo. Scritto da Emanuele Aldrovandi, lo spettacolo è diretto da Serena Sinigaglia e vede come unica protagonista Maria Pilàr Pérez Aspa.

Intervista a Maria Pilàr Pérez Aspa

“Chi è veramente Isabel Green?”

“La prima cosa che mi viene da dire è che potrebbe essere chiunque di noi. Potrei essere io o potrebbe essere qualsiasi libero professionista che si trova in una situazione di pressione così forte. E’ un’attrice messicana che si trova dopo sette nomination ad aver vinto finalmente l‘Oscar. Quindi in quello che avrebbe dovuto essere il momento più felice della propria vita, si rende conto di tutto quello che ha perso per strada per arrivare fino a lì.

La cosa che ha perso di più è però la testa, visto che si ritrova in un momento di scarsissima lucidità. Però con questo spettacolo abbiamo tentato di far capire che non è soltanto lei a essere in una posizione difficile perché ha vinto l’Oscar, ma qualsiasi persona che in questo momento nel mondo del lavoro si trova a essere imprenditore di se stesso come lei, quindi vittima di se stessa e carnefice allo stesso tempo.”

“Cosa c’è veramente che non va dentro di lei?”

“Il fatto di non concedersi mai alcun tipo di pausa. Ha sempre la sensazione di dover di fare di più, di avere una sorta di responsabilità verso se stessa. Ha un senso del dovere verso quello che suo padre, il produttore, la gente, lo star system e la società le chiedono. Quindi non si concede quel momento di noia e contemplazione che raramente ci concediamo, in cui vediamo noi stessi e in cui respirando riusciamo a stare al passo con la nostra vita. Se l’essere umano contemporaneo non si concede questo momento di rapporto con se stesso, prima implode e poi esplode.”

“Quali riflessioni fa sulla propria vita?”

“Senza svelare la fine dello spettacolo, la riflessione che lei fa è sul senso di impotenza che l’essere umano sente quando viene schiacciato da un eccesso di produttività, un eccesso che tra l’altro si autoimpone. Quindi, quando lei fa l’elenco delle cose che deve fare in una giornata, per quanto possano essere glamour, rappresentano per lei qualcosa di devastante.

Lei si sottopone a quello a cui prima i padroni delle fabbriche sottoponevano i lavoratori e a cui ci sottoponiamo di più noi stessi, perché non ci sono orari quando siamo noi a dettarceli, quindi non ci sono limiti a quanto potremmo diventare bravi, a quanto potremmo studiare, a quanti lavori dovremmo prendere tutti insieme. Isabel Green si autoimpone la schiavitù del senso del dovere, che è una cosa più efficace rispetto al senso dell’obbligo che la società industriale ci imponeva. Oggi il senso del dovere ci dà un‘angoscia ancora più produttiva.”

“La riflessione sulla propria esistenza la farà cambiare?”

“La farà drammaticamente cambiare di stato, ma sarà troppo tardi. E’ questo che si vuole evitare con questa riflessione, perché se si arriva troppo tardi e non si aggiusta l’automobile lasciando che le spie continuino a lampeggiare, alla fine l’automobile va in pezzi ed esplode. A noi succede la stessa cosa.”

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Maurizia Leonelli per il supporto professionale