Aspra è un progetto costruito su testi e concetti al limite dell’udibile e su una ricerca sonora che faccia detonare la potenza immaginale di queste parole. Un concerto di corpi, musiche e parola, mutante e componibile, ruota attorno a un nucleo di attori e attrici che si avvicendano a dare voce alle parole di una serie di autori individuati tra quelli che sono stati misinterpretati, fascistizzati, ridotti a folli, a drogati, a esuli, a emarginati o a suicidi mentre erano ancora pienamente in vita, come dimostrano i loro lavori capaci di pensiero critico ed estetiche sublimi.
Aspra è in scena al Teatro della Contraddizione di Milano dal 19 al 22 maggio. Lo spettacolo è ideato e diretto da Giuseppe Isgrò e vede protagonisti Daniele Fedeli, Francesca Frigoli e Danilo Vuolo.
Parla Giuseppe Isgrò
Quanta musica e quanta prosa c’è in questo spettacolo?
C’è una quantità pari a livello di importanza delle due componenti, in quanto più che prosa sono testi filosofico-poetici o in qualche modo erotici di autori controversi o al limite che sono usati in senso politico anche attraverso il suono, la distorsione, i microfoni e la musica live. Più che un lavoro di prosa è una sorta di concerto di corpi, suono, concetti e immagini teatrali. Chiaramente non in uno sviluppo narrativo ma politico ed estetico preciso, che è la necessità di un linguaggio scorretto, di pensieri al limite della scorrettezza politica che in qualche modo disturbino il pensiero comune e allineato. Sono tutti autori che hanno pagato sulla loro pelle le posizioni a livello umano, che sono capaci ancora adesso di donarci degli spunti di pensiero. Credo che siano importantissimi.
Quali sono gli autori che avete scelto?
Rainer Werner Fassbinder è probabilmente l’autore predominante, ma è accompagnato da Ingeborg Bachmann, Pier Paolo Pasolini, George Bataille, Yukio Mishima, William Burroughs e Paul Celan.
Quali sono le posizioni inaccettabili o politicamente scorrette di questo spettacolo?
Più che dello spettacolo è proprio l’intenzione di fare detonare i concetti che portano gli autori e le posizioni scorrette, che vanno da una sessualità fuori dalle righe e fuori dai codici accettati a smascherare, per esempio in Fassbinder, quello che lui ritiene essere un nazismo permanente nella medio-alta borghesia tedesca anche dopo la Seconda Guerra Mondiale e anche dopo l’Olocausto. In Pasolini distruggere tutto l’immaginario sessantottino, dando agli studenti dei piccolo borghesi, che sono figli di ricchi e di borghesi e quindi già garantiti e privilegiati. Se la stanno prendendo con dei poliziotti che in realtà sono dei poveri. In quel famoso discorso su Valle Giulia, Pasolini fa un’angosciante premonizione perché dice “Prendetevela con la magistratura e andate in via delle Botteghe Oscure”. Dieci anni dopo, sappiamo che cosa succede con le Brigate Rosse e con Aldo Moro.
Gli studenti quindi che hanno ritenuto che non fosse più abbastanza andare in piazza a tirare sassi ai poliziotti sono passati alla clandestinità e al terrorismo borghese che ha caratterizzato gli anni Settanta in tutti i Paesi europei principali, dall’Italia alla Francia alla Germania. Ingeborg Bachmann arriva addirittura a ipotizzare l’impossibilità della poesia e della letteratura dopo l’Olocausto. Lei era figlia di una famiglia austriaca nazista che dopo la Seconda Guerra Mondiale mascherava la propria appartenenza, però lei non ha mai fatto pace con le sue origini familiari e con l’Austria.
Burroughs ipotizza addirittura un mondo abitato dai ragazzi selvaggi, quindi un universo apocalittico dove non esiste più la presenza femminile e i terroristi spaziali e omosessuali che distruggono tutto e si godono il loro potere erotico hanno preso il potere quasi in senso fantascientifico. E’ una provocazione massima degli anni Settanta. Questi sono i testi che vanno in corto circuito dentro Aspra.
E’ il pensiero complesso il territorio di indagine di questo spettacolo?
Sì. Il pensiero al limite, parabolico e provocatorio che certe menti e certi autori hanno avuto il coraggio di concedersi, perché non dimentichiamo che Fassbinder ne I rifiuti, la città e la morte del 1974 viene estromesso da tutte le stagioni teatrali tedesche e sottoposto a una campagna stampa di accusa violentissima perché racconta l’ipotesi di nazismo permanente nei tedeschi e viene accusato lui stesso di essere nazista. Gli vengono messe in bocca le parole che lui fa dire a dei personaggi ignobili nel suo testo e nella sua opera, che non è mai stata rappresentata in Germania fino ad oggi, quando è stata invece messa in scena persino a Tel Aviv. Fassbinder va quindi a ridestare un senso di colpa e una vergogna del popolo tedesco.
- Intervista di Andrea Simone
- Clicca QUI per iscriverti al canale Youtube di Teatro.Online e vedere tutte le nostre interviste video