Luisa e Alba, due signore milanesi molto diverse per educazione, stile di vita e carattere, devono organizzare la festa per l’unione civile dei loro figli. Si troveranno costrette a collaborare, nonostante l’evidente insofferenza reciproca; saranno costrette a mettersi in discussione, sopportarsi e soccorrersi, sviluppando un rapporto complicato ed esilarante, ispirato alle celebri coppie comiche di Grace&Frankie e Lemmon e Matthau.
La madre del marito di mio figlio è in scena al Pacta Salone di Milano dal 20 al 23 ottobre. Scritta da Giulia Lombezzi e diretta da Patrizio Luigi Belloli, la commedia vede protagoniste Elisabetta Torlasco e Marisa Miritello.
La parola al regista e alle due attrici
Quale mondo emerge dietro le risate?
Marisa Miritello: Un mondo omofobo. Si ride molto ma viene anche fuori la tematica dell’omofobia, in Italia ancora molto attuale.
Elisabetta Torlasco: Purtroppo è così.
Marisa Miritello: Parliamo del matrimonio dei nostri due figli. All’inizio non ci stiamo reciprocamente tanto simpatiche. Quindi è anche la storia di un’amicizia che nasce nella relazione. Prima siamo una contro l’altra, poi man mano che andiamo avanti, ci conosciamo meglio e diventiamo amiche. Quindi lo spettacolo non parla solo del tema dell’omofobia ma anche della solidarietà tra donne.
Elisabetta Torlasco: Esatto.
Riguardo ai diritti LGBTQ, l’Italia ha fatto tanti passi avanti, soprattutto negli ultimi due decenni, però permangono ancora tante sacche d’ignoranza. Sembra un ossimoro dire che una commedia è amara, ma c’è un po’ di amarezza anche qui?
Elisabetta Torlasco: Sì, perché vengono messi in luce punti critici e dolorosi per noi madri di figli LGBTQ: dobbiamo infatti supportare i nostri figli che ancora oggi vivono in un mondo che li rifiuta del tutto. Nonostante siamo nel 2022, vengono ancora vessati ed esclusi. A noi interessava moltissimo vedere quest’aspetto anche dal punto di vista dei genitori, dei parenti e degli amici stretti della gente che vive in prima persona la problematica di non essere accettata dalla società, ma anche il loro modo di viverla e sopportarla. Queste due donne quindi, ridendo, piangendo e svelando, fanno scoprire momenti dolorosi e faticosi. Fanno di tutto per sopportare i figli ma si scopre quanto pesi anche a loro e quanto facciano fatica a lottare contro questo aspetto.
Quali sono le zone d’ombra che caratterizzano le due protagoniste?
Marisa Miritello: Quella del mio personaggio nasce dall’aggressione subita dal figlio. Questa è la parte tragica, quindi ci sono la paura che questo atto di violenza possa ripetersi e il dolore di aver affrontato un aggressione. Dunque la zona d’ombra riguarda qualcosa che nella cronaca avviene ed è di attualità. Nello spettacolo lo dico: nel 2021 ci sono stati 212 episodi di aggressioni e due uccisioni. Insieme ai femminicidi e alle morti sul lavoro, sono tre punti abbastanza oscuri della società italiana di questo momento.
Le due protagoniste si dimostrano rivoluzionarie nell’accettare l’omosessualità dei figli?
Marisa Miritello: Il punto di vista è proprio quello di due donne che la accettano ma che si rendono conto di vivere in una società dove loro stessi non verranno accettati fino in fondo e che per questo motivo vivranno delle sofferenze proprio perché la loro scelta è questa.
Elisabetta Torlasco: C’è la fragilità di queste due donne che abbracciano completamente i figli.
Però l’omosessualità non è una cosa che uno sceglie, gli capita…
Patrizio Luigi Belloli: Non è interessante che uno scelga o meno di esserlo, nel senso che una persona può decidere di essere omosessuale. Il fatto di dire che uno fa questo tipo di scelta deriva da una forma mentis che continua a far pensare che l’omosessualità sia una vaga sfortuna, mentre invece è una cosa che può anche essere scelta. Può essere connaturata ma anche una decisione. In ogni caso credo che lo spettacolo sia molto all’avanguardia perché utilizza una serie di battute politically incorrect e di riferimenti molto attuali. Dall’altra parte, fa però un po’ male il fatto che si debba ancora fare uno spettacolo per portare avanti temi irrisolti nella società.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Giulia Colombo per la collaborazione
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