La fabbrica della felicità si svolge in una città dove esiste una fabbrica, la Pfaizer, che produce felicità in pillola, il Soma. Euforico, narcotico e gradevolmente alienante, sembra eliminare tutto quello che c’è di sgradevole. Il farmaco per eccellenza. Un concentrato di sostanze costantemente migliorato ed aggiornato per curare tutti i mali antichi, quelli appena scoperti e inventati dal corpo, dallo spirito e dalla mente. Oggigiorno non si mettono più limiti alla creatività per sentirsi più che bene, più che giovani, più che in forze, più che in salute e più che felici.
Lo spettacolo è in scena al Teatro Linguaggicreativi di Milano fino al 28 ottobre. Il testo è di Irene Canali, anche protagonista in scena con Nicola Andretta, Giuseppe Attanasio, Miriam Costamagna, Daniele Palmeri e Marta Salandi.
Intervista a Irene Canali
“Che prezzo sono disposti a pagare i protagonisti per essere sempre felici?”
“Arrivano a pagarlo addirittura con la propria vita. Sacrificano la vita, ma credo che la cosa essenziale che sacrificano sia la libertà. E’ questo l’aspetto su cui gioca il testo: devono scegliere tra felicità, verità e libertà e loro scelgono la felicità.”
“Cosa vuol dire che siamo troppi per essere di troppo?”
“Siamo troppi nel senso che per rendere tutto funzionale e perché le libertà non vadano a cozzare le una con le altre bisogna raggiungere dei compromessi. Oggi siamo troppi a livello numerico, è un dato oggettivo. Per cui è necessario in qualche modo incasellare, catalogare e limitare le libertà per far funzionare una società. Il governo deve fare questo per controllare il troppo.”
“Alla fine i protagonisti riescono a essere felici davvero?”
“No, perché la bellezza della felicità è che è singola. Ognuno deve trovare la propria. Non può essere una felicità imposta e standardizzata per ognuno di noi. Il punto secondo me negativo è che i protagonisti non fanno un percorso di ricerca o si chiedono che cos’è la felicità per loro e cercano di raggiungerla. Accettano un’idea imposta di felicità che equivale a benessere sempre, equilibrio, salute, ma nessuno ha mai vietato che per alcuni la felicità possa anche essere disequilibrio e caos totale.”
“Lo spettacolo dà una ricetta contro la depressione?”
“Assolutamente no, perché il messaggio dello spettacolo è quello di accettare tutto dell’esperienza umana, anche i momenti di down, depressione e tristezza, perché l’essere umano, come la vita, è fatto di opposti. E noi puntiamo anche sul non negare l’opposto negativo.”