Una storia potente come la natura e importante come la vita. Una storia di luoghi bellissimi, come le montagne degli Appennini. Una storia di molte persone, di abbracci, di sogni, di sorrisi, di pianti. Questa storia racconta un dopo possibile. La terra tremano è in scena al Teatro della Cooperativa di Milano dal 25 al 28 ottobre. Ne è autore, regista e protagonista Giorgio Felicetti.
La parola a Giorgio Felicetti
“Sono i terremoti i veri protagonisti dello spettacolo?”
“Io direi le persone che hanno vissuto l’esperienza dei terremoti, perché è un’esperienza fondativa nella psiche di un uomo. C’è una differenza tra chi ha vissuto questo tipo di esperienza e chi non la conosce. Io ho fatto un lavoro di ascolto da due anni a questa parte incontrando tante persone che hanno vissuto quest’esperienza e in ognuna di queste persone ho incontrato dei tratti comuni, che io ho usato per creare una storia molto grande. Come il titolo fa intuire parto da un panorama largo per poi finire in soggettiva nelle storie particolari di personaggi che io ho creato usando questi tratti comuni di tutte le persone che hanno dovuto subire questo trauma.”
“Le è mai capitato di trovarsi in un luogo dove si è verificato un terremoto?”
“Certo. Io sono nato nelle Marche per cui conosco bene questo tipo di esperienza. Già nel 1997, quando c’è stato più o meno nelle stesse zone dell’Appennino il sisma che tutti ricordano per il crollo della Basilica superiore degli affreschi di Giotto, io partii nelle ore immediatamente successive per andare a cercare di animare le persone che erano sotto le tende e nelle tendopoli allestite. Ricordo che fu un’esperienza molto forte. Tra l’altro subii delle scosse notevoli, ma anche questa volta, pur non vivendo nelle zone dell’epicentro, io e tutta la mia famiglia abbiamo sentito molto bene quella del 30 ottobre 2016.”
“Che sensazioni ha avuto parlando con le persone che sono state colpite da un terremoto?”
“La sensazione è quella di persone traumatizzate. Ci sono uno sguardo e un sentimento comune che partono sicuramente dall’angoscia primaria, perché è un sentimento ancestrale che ci riporta dalla fragilità dell’uomo primitivo fino ad oggi. Non c’è molta differenza tra chi vive un’esperienza oggi e chi l’ha vissuta duemila anni fa. La prima risposta è la paura e la fuga come quella di un uomo animale. E’ una cosa che scuote nel profondo. Tra queste persone c’è però comunemente una voglia di andare avanti, di superare questo trauma. Cercare questo sguardo oltre è un po’ anche uno dei temi dello spettacolo.”
“Parlerà solo del terremoto del 2016 che ha colpito l’Italia centrale o anche di altri gravi sismi?”
“No, io farò un largo excursus su tutti i terremoti degli ultimi cinquant’anni. Parlerò del Belice, del Friuli, dell’Umbria, delle Marche, del Molise, dell’Abruzzo fino ad arrivare a quello in Emilia Romagna del 2012, proprio per cercare dei tratti comuni e far capire che se c’è una storia comune in questo Paese, è fatta di tremori e di persone che tremano. Quindi bisogna trarre esperienza da quello che è successo prima per cercare di trovare anche una soluzione, perché sappiamo che l’Italia è un Paese “ballerino” e se vogliamo convivere pacificamente con la natura, dobbiamo trovare presto delle soluzioni adeguate, perché è impossibile che mediamente ogni 5-7 anni si sia qui a piangere morti o a dover ricostruire interi pezzi di Paese.”