“LA TRAGEDIA DEL VENDICATORE” E LA SETE DI VENDETTA

Per la sua prima produzione al Piccolo Teatro e in Italia, l’inglese Declan Donnellan, maestro della regia shakespeariana, sceglie La tragedia del vendicatore del giacomiano Thomas Middleton: intrighi, corruzione, lussuria, narcisismo e brama di potere in una corte del Seicento spaventosamente contemporanea. Vindice e Ippolito, figli di Graziana e fratelli di Castiza, si incontrano davanti al Palazzo del Duca. Vindice, come dice il nome, desidera vendicare a qualunque prezzo la morte della promessa sposa Gloriana, stuprata e avvelenata dal Duca poco prima delle nozze.

La versione italiana dello spettacolo, in scena al Teatro Strehler di Milano fino al 16 novembre, è stata curata da Stefano Massini e la regia è dello stesso Declan Donnellan. Ne sono protagonisti Ivan Alovisio, Alessandro Bandini, Marco Brinzi, Fausto Cabra, Martin Ilunga Chishimba, Christian Di Filippo, Raffaele Esposito, Ruggero Franceschini, Pia Lanciotti, Errico Liguori, Marta Malvestiti, David Meden, Massimiliano Speziani e Beatrice Vecchione.

La parola a David Meden e Alessandro Bandini

“E’ la vendetta il tema centrale di questo spettacolo?”

David Meden: “Sì, come dice il titolo è la vendetta il tema centrale. Lo spettacolo si sviluppa in una spirale che nasce dal presupposto da cui parte tutta la tragedia del vendicatore. E’ la vendetta che Vindice vuole compiere per la morte della sua fidanzata Graziana, che il duca ha ucciso nove anni prima. E’ una spirale all’interno della quale saranno condotti tutti i personaggi della commedia, per cui nessuno escluso cadranno tutti in questo susseguirsi di morti e di trame di corte che porterà poi al deserto totale della fine dove nessuno si salverà.”

“Perché c’è una minaccia incombente sui protagonisti?”

Alessandro Bandini: “E’ una minaccia che arriva da uno Stato che va a rotoli, da una corte che si sta sempre più frantumando e quindi l’individuo stesso è messo in crisi da questo apparato che non funziona più e Vindice, con la sua vendetta, mette in crisi e incombe sulle dinamiche familiari e relazionali dell’essere umano nei confronti dello Stato.”

“Com’era vista l’Italia dagli inglesi ai tempi in cui si svolge lo spettacolo?”

David Meden: “Non bene, come emerge da questo spettacolo, perché – come ci spiegava Donan durante le prove – era il luogo della perdizione che veniva definito così dagli inglesi anche per distanziare tutti quelli che erano i vizi dalla società, ma  la corte per antonomasia era corrotta, e la corruzione caratterizzava anche la Chiesa cattolica di quel tempo. Quindi era il posto ideale per ambientare una vicenda di questo tipo. Abbiamo lavorato su questo testo insieme a un regista inglese, quindi si è ricreato il binomio di sguardo inglese su una situazione italiana.”

“Nello spettacolo sono molto importanti i nomi dei personaggi scelti dall’autore, cioè nomi parlanti. Ne vogliamo parlare?”

Alessandro Bandini: “Sono Castiza, Spurio, Vindice, Lussurioso, Ambizioso, Supervacuo. Sono importanti perché delineano e accompagnano il personaggio stesso. Ne vogliono tirare fuori il lato caratterizzante, ma allo stesso tempo non solo quello che può emergere di più, ma forse anche quello che è più nascosto. Quindi non semplicemente Castiza in quanto casta, ma che cosa nasconde e perché ha questo nome.”

(intervista e riprese video di Andrea Simone)