E’ uno dei racconti più famosi di Fedor Dostoevskij. Le notti bianche racconta l’inizio e la fine di una storia d’amore più vicina al sogno che alla realtà. E’ l’incontro magico, incredibile di due anime delicate e sole, che si ritrovano, si riconoscono, e aprendosi l’una all’altra si desiderano. Lei sta vivendo la probabile fine di un amore disperato; lui, timido e impacciato, coltiva una solitudine ostinata, lontana da ogni realtà, prigioniero del suo mondo di fantasie.
Le notti bianche di Fedor Dostoevskij è in scena fino al 27 ottobre al Teatro Litta di Milano. Un progetto, un adattamento, una regia e un’interpretazione che vedono un unico protagonista: Corrado d’Elia.
Intervista a Corrado d’Elia
“Perché questa è una storia più vicina al sogno che al mondo reale?”
“Dostoevskij ci parla di un sognatore e ci descrive la sua giornata. Ci racconta che cosa fa, o meglio che cosa non fa. Lui sogna semplicemente e inventa dei mondi nei quali vive. Questa è una riflessione molto interessante, perché oggi facciamo fatica a sognare e a vivere in un piano che non sia reale. Da tanti anni io provo a parlare della dimensione del sogno, la indago nei miei spettacoli e in qualche modo porto anche degli spunti di riflessione. Sognare ha un prezzo e a volte è un prezzo carissimo. Il grande sognatore di Dostoevskij lo paga con la vita. Lui stesso dice alla ragazza che incontra: “Ora che vi vedo, capisco di avere perduto tanto tempo, anche se vivrò così tutta la vita.” La vita va vissuta per quello che è, non per quello che noi immaginiamo. Ecco che quindi nasce uno spettacolo sul sogno, sulla storia d’amore, ma anche sul costo che hanno i nostri sogni, sogni che però sono fondamentali per la vita.”
“Perché nelle note di regia dici che questa è una storia che non va rappresentata ma raccontata?”
“Perché secondo me c’è un equivoco: spesso noi pensiamo al teatro come rappresentazione, come a qualcuno che veste i panni di un altro. Il teatro invece a volte è anche racconto, è riflessione intima, è un movimento piccolo che non sempre si presta a essere rappresentato. Io penso a Don Chisciotte, ma anche a Le notti bianche. E’ un testo che non è nato per il teatro, anche se è meravigliosamente teatrale. Pensate a Pietroburgo, una città meravigliosa, piena di gente. Dostoevskij cosa fa? Toglie tutte le persone. Rimangono la città e la scenografia, e immediatamente è teatro. Togliendo, si crea teatro. E’ un buon insegnamento. Quindi penso che, per tornare a quel rito antico del raccontare che è la base e la nascita del teatro, si debba ogni tanto raccontare, e non soltanto rappresentare.”
“E’ un racconto che ci parla dell’amore in diverse forme, giusto?”
“Sì, certo. E’ sempre difficile parlare in termini non banali dell’amore, anche se è quella forza che più di altre ci emoziona ogni giorno. La cerchiamo, la scacciamo, ci litighiamo, non la capiamo. A volte l’amore parla una lingua diversa dalla nostra: l’amore per noi stessi, per l’altro, per il mondo, per le nostre passioni. Dostoevskij ci racconta una storia d’amore meravigliosa fra due esseri diversissimi che si incontrano. Hanno bisogni diversi e aspettative diverse. La scenografia è costituita da tante lampadine, perché il sogno accende le speranze.”
“Che cosa incarna la figura del sognatore?”
“Dobbiamo pensare all’origine. Dostoevskij parla dei sognatori in altri racconti. Pensiamo a quel periodo storico: io credo che il sognatore diventi una figura archetipica. E’ un sognatore che parla con le case, che ha una vita tutta sua in cui l’alba arriva veloce dopo nottate di viaggi e di ideali. Il sognatore diventa ovviamente metafora di un modo di vivere, di un modo di intendere la vita. Diventa anche modello archetipico essenziale. E’ uno di quei modelli di cui noi non possiamo negare l’esistenza. Poi possiamo decidere quanto avvicinarci a lui. Oggi è difficile sognare ad occhi aperti. Il day dreaming è quasi impossibile. La società del nostro tempo condanna questo e le battaglie politiche e sociali più ardite e sognanti in realtà fanno fatica. La politica ha bisogno di cose pratiche e la nostra vita lo è terribilmente. Riserviamoci invece un momento per riflettere, per sognare e per credere nei sogni. Per costruire non solo il nostro futuro, ma anche quello di chi ci sta vicino.”
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringrazia Alessandra Paoli per il supporto professionale