“CHE CLASSE”, SIGNORE E SIGNORI E’ DI SCENA LA SCUOLA

 

Non è mai troppo tardi era una trasmissione televisiva condotta dal maestro Lucio Magri. Grazie a quel programma ben 35.000 adulti conseguirono la licenza elementare. Quella che va in scena al Teatro Martinitt di Milano fino al 26 novembre è una storia non molto diversa. Un’insegnante, stufa di ragazzi demotivati e del confronto con l’impeccabile madre-docente, decide di indirizzare la propria attività a una classe di adulti desiderosi di conseguire il diploma di liceo. Si ritroverà così di fronte a studenti cresciuti ma vittime della sindrome di Peter Pan, a un gruppo di allievi in cerca di riscatto sociale. Al suo fianco anche una grintosa, divertente e insostituibile bidella romana.

Che classe è stato scritto da Veronica Liberale, presente anche in scena con Fabrizio Catarci, Alessandra De Pascalis, Antonia Di Francesco, Simone Giacigli e Veronica Pinelli. La regia è di Marco Simeoli. Tra amicizie, amori, crisi e rimpianti, ognuno raggiungerà la propria personalissima maturità. In tutti i sensi.

Quattro domande a Veronica Liberale

“Parliamo del suo personaggio…”

Io sono un po’ la burattinaia di questo spettacolo. Ci troviamo in un liceo serale romano dove una professoressa, stanca di insegnare alla mattina a giovani studenti maleducati, decide di trasferirsi al corso serale. Forse in questo modo avrà la possibilità di lavorare con persone motivate che hanno scelto di tornare a scuola. La nuova classe però si rivela una corte dei miracoli, perché i personaggi sono molto caratterizzati. C’è un ristoratore romano che soffre di complessi di inferiorità nei confronti del fratello che ha sempre studiato; c’è un’immigrata russa sempre arrabbiata e sulla difensiva il cui diploma non è riconosciuto in Italia. Poi abbiamo una fashion blogger che rappresenta i giovani nativi digitali che si creano una professione sul web. Infine c’è anche un ragazzo disadattato, il classico “secchione” con problemi relazionali, però molto intelligente e dotato di grande memoria. 

“Quant’è diverso il personaggio dell’insegnante rispetto a quello della propria madre?”

Il mio personaggio è in eterno conflitto con la figura della madre, una professoressa che è stata anche preside all’interno della scuola e che era molto amata dai propri allievi. Un’insegnante grintosa e forte che ha scritto anche un libro: “Banchi di nebbia tra i banchi di scuola”, un grande caso editoriale. Nora è invece una sognatrice incapace di farsi rispettare e ha quasi paura degli studenti. Ama la cultura ma non l’insegnamento. Sogna di scrivere poesie, di andare a cena con Ugo Foscolo e con Giacomo Leopardi, due scrittori che lei considera amici. 

“C’è in  questa commedia il desiderio, oltre che di far ridere e sorridere, di fare un’analisi sulla scuola di oggi?”

Assolutamente sì, il testo nasce proprio con quest’intento. Io mi sono formata con il teatro ragazzi e sono stata anche insegnante di teatro nelle scuole. Gli anni sui banchi sono stati per me importanti, tanto che nello spettacolo ho scelto di chiamarmi Nora De Cupis come il mio professore di latino e greco. E’ stato lui a trasmettermi l’amore per il teatro. La crisi della scuola si vede in tutto lo spettacolo: prima di tutto le lezioni si tengono in un posto di fortuna. Poi c’è la corruzione, come nel caso del romano che non può entrare in classe. La lezione è infatti iniziata e lui cerca di corrompere la bidella perché lo faccia andare in aula.

La scuola trasmette il messaggio che se uno non è bello, vincente e al pari degli altri, viene tagliato fuori. L’ambiente scolastico può essere per molti un mondo ovattato, ma può diventare anche un inferno. Dipende da come viene vissuto e gestito e io ho voluto mettere in evidenza queste tematiche. Inoltre i professori che hanno visto la commedia mi hanno detto che gli studenti si comportano esattamente nel modo da me descritto. 

“La diversità caratteriale dei personaggi è uno degli elementi più importanti dello spettacolo?”

Credo di sì, perché crea un contrasto soprattutto comico. Il teatro vive di contrasti.  La loro diversità e il fatto che le battute di un personaggio possano essere dette solo da quel personaggio viene fuori in maniera molto comica nel primo atto. Nel secondo, invece, scopriamo delle figure un po’ più vere, perché l’atmosfera cambia. Qualcuno mi ha detto che i personaggi sono tutti allegri e tutti protagonisti, e questo mi ha fatto molto piacere. Vedo che anche gli attori sono molto contenti del loro personaggio, anche perché se non lo fossero, non sarebbero credibili nel loro ruolo. L’epilogo non è molto allegro, ma il messaggio è sempre di speranza. Si va via col sorriso e vi prometto che se venite, non vi interrogo!

(intervista e riprese video di Andrea Simone)

Che classe sarà in scena anche al Teatro de’Servi di Roma dal 3 al 22 aprile 2018.