“ASPETTANDO I LIMONI”: UN OMAGGIO A GABER E JANNACCI

Per l’inaugurazione della stagione 2018-2019 il Teatro Linguaggicreativi di Milano propone il 6 ottobre Aspettando i limoni. Stefano Annoni e Luca Rodella interpretano Enzo Jannacci e Giorgio Gaber. I due grandi cantautori si trovano in un limbo, circondati da strumenti e musicisti, attendendo l’arrivo di una risposta. Forse per uno scherzo del destino o forse per un disegno preciso i due, amici meravigliosi in vita, sono costretti ad ammazzare il tempo eterno a suon di canzoni.

Parla Luca Rodella

“Perché la decisione di aprire la stagione con uno spettacolo così originale?”

“Stefano Annoni e io siamo dei grandi compari e protagonisti del Teatro Linguaggicreativi. Era giusto far vedere come apriamo in maniera esplosiva, anche per accogliere il pubblico della stagione. E’ la prima volta che facciamo uno spettacolo insieme che duri così tanto, quindi è una grande occasione. Lo spettacolo in sé è fatto in maniera tale che sia molto coinvolgente a livello di cabaret e del teatro canzone dei due grandi autori. Di conseguenza la modalità è molto accogliente e può anche regalare dei fuochi d’artificio per poter far capire che tipo di energia gira dentro quel luogo. Era un’occasione da non perdere.”

“Com’è nata l’idea di uno spettacolo che vede protagonisti due grandi miti della musica milanese e del teatro canzone?”

“E’ nata perché Stefano e io facciamo da quattro anni spettacoli al Cimitero Monumentale. In maniera goliardica e azzardata ci siamo chiamati “la compagnia del cipresso”, insieme ad altri colleghi attori e musicisti. Questa è una formazione ridotta rispetto a tutto l’organico della compagnia che lavora al Cimitero Monumentale. Eravamo partiti col fare brevi corti sui sepolti celebri per riportarli in vita e per regalare al pubblico l’identità in cui la città potesse riconoscersi, spaziando dalla medicina alla storia, al patriottismo. Veniva subito in mente di fare il primo anno Gaber e Jannacci perché sono due personaggi ancora contemporanei, è come se fossero ancora vivi. Però abbiamo aspettato un po’ perché volevamo prima fare un po’ di esperienza sul campo. Ora siamo abbastanza affiatati per poter affrontare anche questi due giganti che Milano ancora adesso celebra sempre, in più occasioni e in più teatri. Quindi, arrivati a questo livello di sintonia e affetto tra di noi in palcoscenico, eravamo finalmente pronti a capire che cosa affrontare in scena riguardo a questi due monumenti.”

“E’ un omaggio a due grandi cantautori o è qualcosa di più?”

“E’ sicuramente un omaggio, ma dirlo così sembra riduttivo. Quando abbiamo deciso di affrontare questi due giganti io mi sono un po’ documentato, rivedendo canzoni e interviste. Il materiale è tanto. Poi ho spento il computer per due giorni perché era come se fossi in lutto anch’io. Li ho sempre conosciuti e ascoltati come tutti quanti, però pensare di andarli a impersonare o capire che cosa prendere come essenza di questi due cantautori mi ha chiuso lo stomaco. Mi sono sembrati molto più grandi e universali di quanto pensassi. Si cerca di tenerli vivi, la scommessa è questa. Ci siamo avvicinati con grande rispetto e timore, ma il materiale era ancora talmente tanto che ci ha pervasi come uno tsunami. Quindi ci siamo ritrovati sul palco con un po’ di magia perché sono accadute cose che non ci aspettavamo. Era come se fossero stati lì.”

“E’ uno spettacolo costruito sulla falsariga del teatro dell’assurdo?”

“Più o meno, nel senso che abbiamo utilizzato degli stralci del “Godot” di Samuel Beckett per due motivi: il primo è che loro lo hanno interpretato, erano Vladimiro ed Estragone in scena, quindi andava un po’ da sé. In secondo luogo, parlando delle loro anime e del cimitero, il contesto di “Aspettando Godot” ci regalava anche il limbo, il nulla e l’idea dell’attesa, del capire dove ci si trova adesso. Però lo abbiamo usato come spunto per poterci avvicinare al teatro canzone, quindi mescolando il testo originale con un sacco di citazioni delle loro canzoni. I dialoghi fungono però anche da catapulta verso qualche canzone e qualche estratto dei loro brani musicali. Diciamo che è più contaminato col teatro canzone che con il teatro dell’assurdo puro.”