Sospesi nel tempo
Café Berlin è abitato da personaggi che oscillano tra essere qui ed essere altrove, tra essere nella propria Prigione/Rifugio e nel Bordello/Desiderio. Tra balli, canti, reggicalze e vestitini succinti. Tra sprofondamenti e lingue che inumidiscono labbra protette verso il peggior offerente.
E’ in scena fino al 7 maggio alla Sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini di Milano una produzione del Teatro della Contraddizione. Café Berlin è scritto e diretto da Marco Maria Linzi. Ne sono protagonisti Massimo Airoldi, Stefania Apuzzo, Micaela Brignone, Fabio Brusadin, Sabrina Faroldi, Stefano Slocovich, Stefano Tornese, Eugenio Vaccaro, Giacomo Valentini, Nazaré Xavier, Silvia Camellini, Silvia Romito, Jacopo Ferrari Trecate e Giorgia Zaffanelli.
Quattro domande a Marco Maria Linzi
“Cosa significa che la decadenza si aggrappa alle pareti?”
La decadenza è intesa come qualcosa che riguarda la repubblica di Weimar. Stiamo parlando di un momento decadente che ha la sua azione vitale prima della caduta di Roma o dell’avvento del nazismo. L’idea di libertà a tutti i livelli, morale e sessuale, riesce ad arrivare a delle punte molto forti. Per decadente si intende che si perde l’idea dello scopo. E’ qualcosa che si perde attraverso i sensi. Però non è un elemento fondamentale dello spettacolo. E’ solo un richiamo a questa citazione. Ci arriva l’idea dell’arte di quel momento in cui i caffé berlinesi erano al loro massimo fulgore. Era un periodo in cui l’arte esplodeva in tanti linguaggi diversi, perdendo in qualche modo anche l’idea di quello che stava accadendo nella società.
“In che senso i personaggi sono sospesi tra essere qui ed essere altrove?”
Lo spettacolo è tutto incentrato su Kurt Tucholski, che è la figura di riferimento da cui ho tratto l’idea di questo viaggio. E’ un personaggio della Berlino di quell’epoca. Giornalista, scrittore e poeta. La sua idea era quella di cambiare il mondo attraverso la sua scrittura e la sua arte. Era un utopista e pensava che questo potesse entrare nella vita degli altri e modificarla. Questo non è avvenuto. In questo tentativo rientrano tutta una serie di personaggi che rappresentano le persone a cui lui avrebbe voluto parlare.
Queste persone sognano di cambiare vita e viaggiano tra l’idea di farlo e l’idea di averlo già fatto. Non sappiamo se quello che stanno dicendo è accaduto veramente o se lo stanno dicendo per farlo accadere. Infatti loro vivono contemporaneamente la realtà presente con lo spettatore ma sono altrove, sono nella loro testa. E’ uno spettacolo che gira dentro l’anima di Tucholski che li proietta anche nelle anime dei personaggi emblematici della Repubblica di Weimar.
“Chi è la voce narrante che vive sul pubblico?”
Quella di Tucholski, lo scrittore a cui mi sono ispirato nel percorso di questo spettacolo.
“Siamo di fronte a figure emblematiche del nostro tempo?”
Non credo che valga la pensa fare uno spettacolo storico, non ha molto senso. E’ evidente che ogni minuto dello spettacolo può essere ricondotto a un minuto di oggi, questo è sicuro, perché la Repubblica di Weimar somiglia molto al nostro tempo.