Rosario Lisma, “L’operazione”

Uno spettacolo scritto da quattro attori di oggi, ma con un testo su quattro terroristi clandestini negli anni di piombo. Una commedia umoristica con un intento dolce ma che farà uscire il pubblico dal teatro con un po’ di amarezza. L’operazione è lo specchio della vita di quattro attori, la più precaria delle categorie precarie, che vivono in bilico tra l’alto ideale creativo e il materialismo di un contratto di scrittura o di una recensione positiva che sia loro di incoraggiamento.

L’operazione, lo spettacolo da vedere è in scena al Teatro Fontana di Milano dal 1° al 4 ottobre. Scritta e diretta da Rosario Lisma, la commedia lo vede protagonista insieme a Fabrizio Lombardo, Andrea Narsi, Alessio Piazza e Gianni Quillico.

Intervista a Rosario Lisma

Siamo di fronte a un caso di teatro nel teatro?

Di sicuro. Questo è uno spettacolo prettamente metateatrale, perché parla di quattro attori che mettono in piedi una pièce scritta e diretta da uno di loro. E’ proprio quello che è successo nella vita vera. Gli stessi personaggi si troveranno a fare le prove davanti al pubblico e addirittura a impersonare gli stessi protagonisti in un’accezione più vera rispetto al loro lavoro. Posseduti da questi personaggi, interpreteranno proprio la vicenda che stanno raccontando a teatro. E’ una serie di scatole cinesi più facili da guardare che da raccontare.

Quanto rispecchia questo spettacolo la società di oggi e quella degli Anni Settanta?

Riflette per ragioni storiche quella degli Anni di Piombo, perché richiama le vicende del terrorismo, dei gruppi incoscienti e idealisti, sciocchi o coraggiosi a seconda dei punti di vista. Ovviamente non c’è alcuna indulgenza da parte mia nei confronti dei brigatisti, però di sicuro lo spettacolo li racconta. Rispecchia la società di oggi così come quella di 10 anni fa, perché il testo è stato scritto 13-15 anni fa. Questo mi conforta perché significa che è uno spettacolo che, partendo dall’analisi della situazione contemporanea, riscuote molto favore anche oggi. Significa che se è sempre attuale, ha qualcosa a che fare con la classicità. Il discorso sulle ambizioni, l’arte, la ricerca di un posto nella propria vita e nella società, e soprattutto la riflessione sul potere e sull’arroganza che possono determinare o meno la nostra fortuna, sono infatti argomenti che non passano mai di moda.

Che tipo di rapporto c’è tra i protagonisti?

Di grande amicizia e partecipazione da “compagni”, intesi come insieme di persone che condividono il lavoro, le fatiche e il pane. Ognuno ha le proprie caratteristiche e il proprio punto di vista sulla realtà, la società e l’arte. Ciascuno si ritrova in una situazione conflittuale rispetto agli altri, però sono tutti quanti sulla stessa barca e si vogliono bene proprio perché si riconoscono come appartenenti a un ideale comune.

Quali sono le “necessarie nuove forme del teatro” su cui i protagonisti litigano?

Quelle che vedono come rivoluzionarie o innovative rispetto al linguaggio teatrale classico italiano. Io cerco di dare una scossa attraverso uno sguardo satirico di fronte all’arte del teatro e alle nuove forme, perché credo che spesso si cerchi lo stile piuttosto che la vita. Nello spettacolo riporto una frase di Eduardo De Filippo: “Chi cerca lo stile trova la morte, chi cerca la vita trova lo stile”. Quindi non dobbiamo porci una questione di forma, ma soprattutto di contenuto. E’ per questo che cercare un’innovazione del linguaggio che prescinde da quello che vogliamo dire e comunicare mi sembra un esercizio assolutamente vuoto.

Ci sono artisti secondo i quali la vera arte non si deve comprendere. Io non la penso affatto così. Anzi, per essere più preciso, cito una frase di Antonio Rezza: “C’è chi dice che l’arte che si fa capire è un’arte per deficienti”. Come Paul Klee io penso invece che l’arte non riproduca ciò che è invisibile, ma rende visibile ciò che non lo è. Non ha nuove forme che più sono incomprensibili più pensano di essere artistiche. Amo il teatro fatto per essere capito, non quello che si deve fare “da capire”.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Foto in evidenza di Luca Del Pia
  • Si ringrazia Martina Parenti per la collaborazione
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