“LA LOCANDIERA”: LA PAROLA AL REGISTA ANDREA CHIODI

La compagnia Proxima Res porta in scena al Teatro Carcano di Milano da giovedì 12 a domenica 22 gennaio La locandiera di Carlo Goldoni.  Diretti da Andrea Chiodi, ne sono protagonisti Caterina Carpio, Tindaro Granata, Mariangela Granelli, Emiliano Masala e Francesca Porrini.

Al centro della storia c’è la vicenda di Mirandolina, astuta ed energica titolare di una pensione a Firenze, corteggiata da due clienti, il Marchese di Forlimpopoli e il conte d’Albafiorita. La sua furbizia sta nel non concedersi a nessuno dei due, ritardando così la partenza dei pretendenti e incrementando il volume d’affari della struttura che gestisce. Sarà il Cavaliere di Riprafatta, misogino altezzoso e impenitente, a turbare il fragile equilibrio della situazione.

Teatro.Online ha intervistato Andrea Chiodi, regista dello spettacolo.

“Si può dire che Mirandolina sia una sorta di Don Giovanni al femminile?”

“Non si può che definirla così. Per un attrice donna è l’occasione di portare in scena Don Giovanni e di tirare le fila del cuore dei personaggi. Mirandolina lo fa in un modo abbastanza spietato. Lo stesso Goldoni chiude le note dell’autore dicendo: ‘Le donne oneste mi odieranno per quello che ho scritto, perché parlo di una donna che forse proprio onesta non è, che ama giocare con il cuore degli uomini”. 

“E’ per questo che si tratta di una commedia amorosa spensierata solo all’apparenza?”

“Sì, la genialità di Goldoni risiede nel fatto di essere straordinariamente bravo a costruire con il testo una macchina perfetta. Questo si sente tantissimo. Goldoni inserisce personaggi divertenti che però hanno dentro di sé un’amarezza, perché sono conquistati e bistrattati dalla stessa Locandiera. Nessuno si innamora veramente in questo testo. Forse l’unico a essersi invaghito di Mirandolina è il Cavaliere. E’ stato però talmente maltrattato quando scopre i suoi inganni che decide di andarsene. Io ho voluto costruire lo spettacolo tirando fuori un aspetto più cupo”.

“C’è un’importante interazione tra gli attori e il mondo infantile dell’autore?”

“Sì, c’è un’importantissima relazione che io ho voluto mettere in risalto. Studiando i ‘Memoires’ di Goldoni, mi sono soffermato sulle poupettes che lui usava per inventarsi delle storie in un teatrino che aveva a casa. Come se lui avesse scritto quello che raccontava giocando con questi burattini. Sono partito da loro, immaginandoli come un gruppo di attori. A volte i personaggi reali dialogano solo con queste poupettes. Credo che in questo modo sia entrato tutto il pensiero del Goldoni bambino”.

“Quant’è importante il linguaggio italiano usato da Goldoni in questa commedia?”

Io ho lavorato con gli stessi attori anche per ‘I Promessi Sposi’. Abbiamo fatto quindi due testi che rappresentano l’inizio della lingua italiana: Alessandro Manzoni con la sua sciacquatura in Arno e Goldoni con l’ambientazione di ‘La locandiera’ a Firenze, la culla della lingua. L’utilizzo che l’autore ne fa è molto sapiente, evidente e contemporaneo. L’opera presenta un linguaggio che oggi sta tornando nella scrittura contemporanea italiana. Goldoni non è démodé e usa l’italiano in modo perfetto per il teatro.  E’ sempre stupefacente e straordinario confrontarsi con un autore che prende vita appena usi le sue parole”.