Massimiliano Loizzi, “The King – L’ultima notte del re”

Torna al Teatro della Cooperativa di Milano uno degli attori comici più brillanti e talentuosi venuti fuori negli ultimi quindici anni: Massimiliano Loizzi porta in scena dal 16 al 20 novembre lo spettacolo The King – L’ultima notte del re, da lui scritto, diretto e interpretato. Nel ruolo del primo spettatore troviamo Renato Sarti.

Si tratta di una versione riveduta e scorretta che parla della tragedia della guerra: in Ucraina, ma anche tout court. Riccardo III, ospite di un onirico show, rivive la sua vita. Uno spettacolo in bilico tra tragedia e satira, una riflessione sulla verità in tempo di guerra, sulla nostra visione della pace e sul mestiere del commediante.

Parla Massimiliano Loizzi

Che tipo di bilancio fa Riccardo III della sua vita?

E’ proprio questo il succo dello spettacolo, perché è un misto tra la riscrittura di Shakespeare e il vero personaggio storico di Riccardo III. Nell’ultima scena dell’ultimo atto prima della sua morte e dell’ultima battaglia che lo porterà a morire, ha un incubo dove viene assalito dagli spiriti di tutti coloro ai quali ha portato morte, distruzione e sofferenze. E’ la prima volta in cui lo vediamo tormentato dai rimorsi e dai sensi di colpa. Io ho pensato di iniziare proprio da lì.

Dopo quel sogno, Riccardo III rivive tutta la propria vita prima di andare in battaglia ed è lì che fa il bilancio di un uomo molto sofferente, tormentato dai sensi di colpa e dai rimpianti, ma è soprattutto il bilancio di una persona assalita da una narrazione della realtà e della verità differente dall’attinenza alla Storia. Questo è lo spunto da cui sono partito e che mi interessava di più, perché erano due le cose che mi importavano: da artista, credo che il nostro ruolo sia quello di provare e provarsi, sperimentare e sperimentarsi su se stessi.

Mi sono quindi domandato quale potesse essere il modo migliore per me per raccontare la guerra che stiamo vivendo, in questa strana idiosincrasia per cui una guerra vicina ci fa paura e quelle lontane invece no, i sovranismi e tutti questi neofascismi alla ribalta. Volevo trovare un modo nuovo nella forma poetica, perché va a finire che un artista comico come me si fossilizza nel solito modo di narrazione. Ho pensato che il modo migliore per non essere scontato e retorico fosse quello di affidarmi alle parole di Shakespeare, che sono una sorta di liquore magico a cui noi commedianti attingiamo e che, una volta bevuto, ci permette di raccontare il presente attraverso meravigliose storie del passato, dato che la bellezza sconcertante di Shakespeare è che riesce a essere sempre attuale proprio perché racconta la natura dell’essere umano.

In questo spettacolo Riccardo III si fa addirittura beffa di Giorgia Meloni. In che modo?

E’ proprio nella mia riscrittura, nel senso che cercavo un modo per raccontare il sovranismo e quello che stiamo vivendo in questo momento. Chi meglio di un sovrano per raccontare il sovranismo? E chi meglio del sovrano più odiato dalla storia teatrale della narrazione e della drammaturgia, se non Riccardo III, che è un mostro fuori e dentro dalla narrazione che Shakespeare ce ne ha fatto? Un mostro che non ha nessun’altra ambizione se non quella di fare la propria scalata al potere per arrivare al trono. L’altro aspetto che però mi interessava raccontare ed è il motivo per cui ho deciso di fare questo spettacolo è che in realtà il personaggio storico di Riccardo III non era affatto così: non era gobbo.

L’unica attinenza con la realtà è che aveva dei dolori alla schiena lancinanti e fortissimi dovuti alle continue battaglie e quindi nasce da lì la leggenda che fosse gobbo, mostruoso e cattivo. Però non era così: era stato un re abbastanza illuminato, molto colto e preparato, ma essendo l’ultimo degli York nella Guerra delle Due Rose e l’unico re in mille anni di storia inglese a venire ucciso in guerra sul suolo britannico, la Storia è stata narrata dai vincitori come avviene sempre e ci ha quindi restituito un Riccardo completamente diverso.

Questo forte contrasto era per me la narrazione della manipolazione della verità e della realtà, che è una cosa che stiamo vivendo con la guerra in atto e che viviamo ogni giorno con le fake news, in questo caso quelle inglesi. Questo aspetto mi piaceva molto ed è uno dei bilanci che fa Riccardo. Si chiede infatti se ha davvero ucciso queste persone o no, se lo ha fatto cancellandone però il ricordo. E’ dunque un flusso di coscienza dove si domanda se la verità sia quella che ci raccontiamo noi oppure se esiste una verità oggettiva. Boh!

Perché Riccardo III è un personaggio più che mai attuale?

Per tutte le sfaccettature e le diversità di cui parlavo. Innanzitutto per questo contrasto tra la verità oggettiva del personaggio storico e quella romanzata, e dunque per questa interessantissima differenza tra il personaggio pubblico e quello privato. C’è poi un altro aspetto che mi interessava moltissimo: Shakespeare racconta che Riccardo III, per arrivare al trono nella sua scalata al potere, aveva pagato un indovino per far credere che il legittimo erede al trono Clarence, suo fratello e futuro re Giorgio III, fosse oppresso da un maleficio che lo avrebbe portato ad uccidere Edoardo: una fake news, una manipolazione della realtà.

Nella tragedia di Shakespeare lui ha quindi compiuto la propria scalata al trono raccontando false notizie, che è pressappoco quel che succede al giorno d’oggi. Ha avuto ragione, perché hanno creduto più a lui che all’onestà di un uomo, perché le persone preferiscono credere a ciò di cui si ha paura, dato che è più comodo e ci tiene chiusi e tutelati in una bolla. In una frase bellissima di Shakespeare, Riccardo III dice che la paura è il seme che fa nascere i giardini della discordia e che lui ha semplicemente piantato il seme. Tutto questo è – ahimè – molto attuale.

In che modo questo spettacolo si colloca in bilico tra tragedia e satira?

La mia ambizione è sempre quella di raccontare la profondità, la tristezza, e le difficoltà della vita e del disagio umano attraverso il sorriso e la satira attribuita a chi mi ha preceduto. La satira però colpisce spesso il potere, quindi Riccardo III è una tragedia che racconta la tragedia del potere. Enzo Jannacci diceva una frase bellissima che mi piace riportare sempre: il tragico è comico, altrimenti non sarebbe tragico. Effettivamente la nostra vita stessa è fatta di momenti che si alternano fra tragedia e sorriso. Non ci sarebbe il sorriso se non ci fossero momenti tragici perché non sapremmo distinguerli.

E’ in bilico perché il personaggio che metto in scena è circondato dalla follia, quindi non è mai chiaro fino alla fine se sia tutto un sogno, se sia tutto una follia o se sia il momento in cui si rivede tutta la propria vita come in un film prima di morire, oppure se sia semplicemente la dimensione onirica di un attore che voleva mettere in scena Shakespeare ma non ci è riuscito perché c’è la crisi e quindi lo fa da solo!

  • Intervista video di Andrea Simone
  • Si ringrazia Giulia Tatulli
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