Torna al Teatro Martinitt di Milano la penna sagace di Roberta Skerl, con una nuova analisi minuziosa e impietosa della natura umana. Questa volta il tema amaro è quello del precariato. Una storia triste ma poetica, che parla di dignità e speranza. La notte della Tosca è in scena fino al 19 febbraio e ne sono protagonisti Alida Schuker, Annachiara Mantovani, Gabriella Silvestri, Pierre Bresolin e Pietro Longhi. La regia è di Silvio Giordani.
Tre infermiere ausiliare di una casa per lungodegenti ricevono improvvisamente una lettera di licenziamento. Anna ha il marito in cassa integrazione, Linda è al terzo mese di gravidanza e Ivana vive con i due figli da mantenere. In un attimo precipitano nella disperazione. A suggerire loro come far sentire la propria voce è Oscar, un paziente della casa di c ura, amante di Giacomo Puccini, in particolare della Tosca, ed ex sindacalista delle Ferrovie dello Stato. Ad interpretarlo sulla scena è Pietro Longhi, che Teatro.Online ha intervistato.
La parola a Pietro Longhi
“Questa è una commedia in cui si ride molto, ma è anche importantissimo il risvolto sociale. Vogliamo approdondire l’argomento?”
“Diciamo che si sorride. Ridere molto non sarebbe corretto. Si sorride e si affronta un tema molto delicato che è quello del precariato e della perdita del posto di lavoro. L’autrice Roberta Skerl, una milanese molto brava nella scrittura, affronta questo tema con leggerezza. Ci troviamo in una clinica per malati lungodegenti. Qui tre infermiere vengono licenziate perché la struttura si trasformerà in un albergo a cinque stelle.
Sono cose abbastanza normali che avvengono oggi in Italia. E’ chiara la disperazione delle tre infermiere. Però lì c’è un paziente, un ex sindacalista delle Ferrovie. che nel vedere la disperazione delle tre donne, recupera la propria voglia di lottare e la trasmette alle ragazze. Fino a invitarle ad occupare la terrazza di Castel Sant’Angelo, cosa che avviene. C’è un incontro-scontro con il vicequestore. Tutto succede in maniera leggera e sorridente, ma vera. Infatti anche Oscar sulla sedia a rotelle va sulla terrazza di Castel Sant’Angelo con un finale che non vado assolutamente a svelare”.
“Oscar, il suo personaggio, è un sindacalista militante vecchio stampo. In che cosa sta la sua forza?”
“Esatto. La sua forza sta in quello che sta succedendo oggi: la mia generazione sta aiutando economicamente in tutti i modi le nuove generazioni. Anche qui un ex sindacalista fa capire alle ragazze che bisogna lottare e combattere senza arrendersi mai. E’ un messaggio molto importante. La mia forza sta nel fatto che anche se le malattia mi ha completamente depresso, nel vedere quest’ingiustizia così grave, recupero una grandissima energia. Questo ci fa capire che chi lavora deve lottare e combattere per il posto di lavoro”.

“Cambiano le generazioni, i tempi e i luoghi ma non cambia il dovere morale di combattere. E’ così?”
“Esatto, ma forse oggi i giovani non hanno più quella forza. Oscar gliela trasmette e il messaggio vuole essere questo: tra un sorriso e l’altro non bisogna arrendersi”.
“Quanto sono importanti in questo spettacolo la figura della Tosca e quella di Puccini?”
“Le loro musiche danno una carica straordinaria. Perché Oscar è un appassionato di lirica e ci spiega perché sono importanti la terrazza di Castel Sant’Angelo e la Tosca. Perché Cavaradossi per aiutare un amico finisce nelle celle di Castel Sant’Angelo e sarà fucilato. Quindi Tosca, la sua donna, cerca di aiutarlo. Il capo della polizia Scarpia tenta di violentarla, lei lo uccide e tutto finisce nella tragedia. Però come dice lui è una storia d’amore, di ribellione, di lotta e di libertà”.