Michele Losi porta in scena fino al 19 novembre al Teatro Menotti di Milano Moby Dick, tratto dal romanzo di Herman Melville. Un testo che rappresenta la sfida di affrontare il mare aperto dell’esistenza. Il pubblico salirà a bordo della baleniera Pequod con Ismaele, Queequeg e l’equipaggio per uno spettacolo di parole, suoni, gesti e attese. In scena un grande assente, il capitano Achab e una grande attesa, quella della balena bianca.
Il testo è di Riccardo Calabrò, Mariasofia Alleva (anche protagonista) e dello stesso regista Michele Losi, mentre in scena troviamo Andreapietro Anselmi, Lucia Donadio, Lucio de Francesco, Carolina Leporatti e Joseph Scicluna.
La parola a Michele Losi
“Quanto siete stati fedeli al testo di Hermann Melville?”
Molto da un punto di vista letterario e della scelta dei brani, non tanto da quello del passaggio temporale. Abbiamo selezionato da 800 pagine di “Bibbia” immensa alcune parti per rendere l’opera un testo teatrale, restituendole quindi una possibilità drammaturgica.
“Quanto pesa l’assenza del capitano Achab?”
Moltissimo, tanto che i primi 45 minuti non prevedono la sua presenza in scena. Viene continuamente rievocato attraverso i suoni, gli altri personaggi, i sogni che specialmente il secondo ufficiale fa nel corso della notte e il passaggio dei fantasmi. Poi, quando compare in scena, il pubblico lo vede come un fantasma. Non è un attore in carne in ossa, bensì una televisione che si fa piramide dove l’attore è in video.
“Quanto è metaforica e simbolica la figura del mare?”
Il mare rappresenta tutto: navigazione, passaggio del tempo e inulettabilità del destino. E’ anche l’impossibilità di modificare le cose con la propria forza. Tutti gli attori sono costantemente imbarcati: dall’inizio alla fine dello spettacolo non escono mai di scena. Sono sempre a bordo del Pequod. Il mare li circonda e li inghiotte tutti, tranne Ismaele. Per cui la sua presenza è assolutamente centrale, così come lo è l’alternanza dei ritmi che dà: tempi lunghissimi in cui non succede assolutamente nulla e poi pochi istanti in cui succede tutto. Questa è la chiave di costruzione ritmica dello spettacolo.
“E’ giusto dire che è l’attesa la vera protagonista di questo spettacolo?”
Sì, anche se forse lo sono di più la predestinazione, il fato, la ricerca continua di guai e di un destino ineluttabile, cui i protagonisti del romanzo e dell’opera teatrale vanno incontro.