Teresa Ludovico, “Anfitrione”

Anfitrione è stato scritto da Plauto più di 2000 anni fa. Il doppio, la costruzione di un’identità fittizia, il furto dell’identità, la perdita dell’identità garantita da un ruolo sociale sono i temi che Plauto ci consegna in una forma nuova, da lui definita tragicommedia, perché gli accadimenti riguardano Dei, padroni e schiavi.

Anfitrione è in scena al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano il 21 e il 22 marzo con la drammaturgia e la regia di Teresa Ludovico. Ne sono protagonisti Michele Cipriani, Irene Grasso, Demi Licata, Alessandro Lussiana, Michele Schiano di Cola e Giovanni Serratore.

A tu per tu con Teresa Ludovico

Al centro di questo spettacolo c’è il tema dell’identità, giusto?

Certo, ci sono i temi dell’identità e del doppio. Chi siamo noi, quando per esempio perdiamo un ruolo sociale? Duemila anni fa Plauto ci ha dato delle belle indicazioni, quindi è modernissimo. Lo spettacolo parte dall’autore, ma viene riscritto e ambientato in un contesto camorristico, perché dovevamo trovare un appiglio al mondo contemporaneo. C’era un antefatto mitico secondo il quale Anfitrione uccide il padre di Alcmena, Elettrione, e poi la chiede in sposa. Lei acconsente a patto che lui possa recuperarle un collier di diamanti che alcuni malavitosi le hanno sottratto e che nello stesso tempo stermini tutta la loro stirpe.

Allora mi sono chiesta chi potessero essere nella nostra società dei personaggi simili e mi sono risposta che forse possono essere i malavitosi, anche perché Alcmena è una donna d’onore. Quindi il testo è stato riscritto a partire da quest’ambientazione. Il mondo è sia quello di sotto, popolare, che quello degli Dei composto da Giove e tutta la sua famiglia. Si mette in luce per la prima volta il rapporto con la tragicommedia, quindi è una tragedia, perché c’è il mondo degli Dei, ma è anche una commedia, perché c’è il mondo del popolo.

Che cos’era per Plauto la tragicommedia?

E’ nata proprio in occasione di questa storia in cui si mettono a confronto il basso e l’alto: il basso ha le sue pulsioni, i suoi aspetti grotteschi, dove nasce il sentimento dell’ilarità e Giove ne ha consapevolezza in questa commedia, perché prima non c’era. C’è il passaggio della trasformazione, dalla metamorfosi alla commedia, al grottesco.

In che modo convivono qui comico e tremendo?

Comico e tremendo convivono perché c’è una sorta di alleanza tra gli Dei come Mercurio, figlio di Giove. In qualche modo mettono alla berlina gli uomini e quindi ci sono le uccisioni, ma anche gli sberleffi.

Quali sono le domande che tormentano i protagonisti?

La domanda è: chi siamo noi quando perdiamo l’identità? A un certo punto gli Dei beffano Anfitrione e il suo servo Sosia e gli fanno perdere l’identità, perché Giove si trasforma in Anfitrione e Mercurio in Sosia, quindi la grande domanda è: quando noi perdiamo i punti di riferimento anagrafici, che cosa siamo? Infatti c’è una battuta che dice “uominiente”, sia uomini che niente.

  • Intervista video di Andrea Simone
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  • Si ringraziano Linda Ansalone e Natale Cassano