“MAI MORTI”: LA RADICALIZZAZIONE DEL RAZZISMO

Mai morti è uno spettacolo di successo, ma non nel senso più comune del termine. E’ uno spettacolo che fa notizia perché fa discutere, divide gli spettatori, fa arrabbiare, emozionare e commuovere. In sintesi: non può lasciare indifferenti e spesso scatena reazioni forti che spesso sono arrivate alle minacce contro l’attore e il regista.

Il trailer dello spettacolo

Mai morti è in scena alla sala Bausch del Teatro Elfo Puccini di Milano fino al 10 febbraio in collaborazione con il Teatro della Cooperativa. Scritto e diretto da Renato Sarti, vede come unico protagonista sul palcoscenico Bebo Storti. Lo spettacolo debuttò in anteprima alla Maratona di Milano organizzata da Antonio Calvi e Oliviero Conte Di Pino.

La parola a Renato Sarti

“E’ vero che per questo spettacolo avete ricevuto delle minacce?”

“Più che minacce abbiamo avuto veri e propri tentativi di irruzione al Teatro Vascello di Roma nell’aprile 2002. Arrivarono una trentina di giovani di Alleanza Nazionale con caschi e bastoni. Per fortuna eravamo in tanti e siamo riusciti a far fronte. Lo spettacolo andò in scena lo stesso. Successe anche a Genova, dove durante la notte dipinsero delle svastiche sui muri e fecero delle scritte contro Bebo Storti. Infatti questo è uno spettacolo che per un periodo ha girato con la Digos.”

“Quant’è stato difficile far diventare fascista Bebo Storti?”

“Come diceva Paolo Rossi nel 1985-86, rispetto al gruppo di attori formato da me, da Gigio Alberti, Antonio Catania, Silvio Orlando e Claudio Bisio, l’attore più completo dal comico al tragico è sicuramente Bebo, perché sa spaziare dal comico al tragico con grande abilità. Non è stato così difficile. Io avevo già lavorato con lui molti anni prima in uno spettacolo molto drammatico e mi ero accorto subito che aveva anche la tempra dell’attore tragico.”

“E’ uno spettacolo che potrebbe piacere molto a Matteo Salvini, vero?”

“Nello spettacolo c’è una parte finale riservata all’oggi, nel senso che il mai pentito rievoca le belle cose che hanno fatto durante il ventennio e anche dopo – da Piazza Fontana al G8 di Genova – vantandosene. Lui è convinto che ci sia la possibilità del loro rientro alla grande, perché ci sono tanti sintomi. Tra questi mettevamo in mezzo Umberto Bossi, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini con le loro manifestazioni forcaiole che ricordo bene in corso Buenos Aires a Milano. Oggi la parte finale è dedicata a Salvini, che farà un culo grande come una casa alle ong, che dice che gli italiani vengono prima degli extracomunitari e che stringe la mano agli ultrà che nelle curve intonano i cori razzisti. Quindi Salvini si becca la sua dose di quello che si merita.”

“Perché il razzismo e la xenofobia sono così difficili da estirpare?”

“Non lo so. E’ un problema culturale. I ragazzi sono sempre stati educati a pane e razzismo nei confronti dei cosiddetti “sottouomini” come ebrei, neri, omosessuali, testimoni di Geova, handicappati, malati mentali e bambini affetti da malformazioni. C’era il delirio della razza pura e dell’uomo puro contenuto nei libri di scuola. I ragazzi e i bambini sono stati cresciuti così. Anche Trieste, la mia città, è stata colpita da queste forme di razzismo e xenofobia. Non è facile liberarsene e quindi scatta automaticamente una sorta di allontanamento e di ricerca di una distanza nei confronti del brutto. Credo che quell’ideologia ci sia rimasta nel Dna e non sarà facile da estirpare.”

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Bianca Villa per la gentile collaborazione