“MARIANNE FAITHFULL”, STORIA DI UN MITO DEGLI ANNI ’60

Il Progetto DonneTeatroDiritti, che ha festeggiato nove anni di vita, arriva per la prima volta al Pacta Salone di Milano dal 14 al 18 marzo. In scena troviamo la storia di una delle più grandi icone del pop anni sessanta: Marianne Faithfull. La vita e la carriera artistica di una delle rappresentanti più significative della Swinging London, musa dei Rolling Stones e Jean Luc Godard, ci viene raccontata da Angela Malfitano che ripercorre le tappe, felici e meno liete, della sua esistenza: da protagonista di un periodo storico che cambiò il mondo alla scelta di vivere negli anni’ 70  come una barbona sotto un muro del centro londinese, fino alla definitiva riabilitazione avvenuta per merito del suo talento e della sua arte. L’attrice è accompagnata da Francesco Brini alla batteria e agli strumenti elettronici, e da Michelangelo Del Gaudio alla chitarra.

Quattro domande ad Angela Malfitano

“Perché l’affascina così tanto la figura di Marianne Faithfull?”

Perché è una donna che ha sconfitto in maniera esemplare ed emblematica i propri demoni, le sue debolezze e fragilità. Ha vinto anche contro tutto l’ambiente che l’ha messa in difficoltà. Negli anni ’60 è stata una delle vittime sacrificali tra i molti giovani che facevano uso delle prime droghe psichedeliche in circolazione. E’ stata vittima di un establishment britannico molto tradizionalista e conservatore che l’ha additata sui giornali come una ragazza diversa dalla realtà, colpevole di chissà cosa solo perché era la compagna di Mick Jagger e frequentava l’ambiente della Swinging London e della musica che stava nascendo e sconvolgendo non poco le buone coscienze degli inglesi dell’epoca.

“Quanto fu importante per lei la storia con Mick Jagger?”

E’ stata molto importante in termini esistenziali. In seguito lo fu anche in ambito sociale, perché la loro storia, così come quella di Keith Richards e Anita Pallenberg, ha dato una forte impronta all’epoca. Come dice la sua autobiografia, ha contato molto perché hanno avuto un rapporto elettrico molto forte che ha dato intensità alle loro vite.

“E poi cosa successe?”

Marianne è caduta nel vizio delle droghe, mentre Mick Jagger ha saputo tirarsi indietro molto per tempo rispetto ai suoi compagni, a lei e a Keith Richards. Jagger non aveva i demoni interiori di altri. Era comunque un ricercatore, un creatore e un autore come Marianne, ma più intento a creare gruppo, a farlo crescere ed evolvere. Era molto determinato a raggiungere il successo ed è stato il “public relation man” della band, oltre che il frontman.

A un certo punto Marianne non ne ha potuto più e quindi si è sfilata. Era esausta anche per la personalità di Jagger che si stava creando e che lei definiva “pneumatica da cartone animato”. Lui si inventava personalità nuove ogni anno per darle in pasto al pubblico e si immedesimava in queste figure, perdendo il centro della propria anima. Dunque Marianne non si sentiva più in contatto con lui. Questo ha fatto finire la loro storia.

“In lei ha prevalso la voglia di autodistruggersi o di salvarsi?”

Credo di salvarsi, perché canta ancora. Io l’ho vista nell’ottobre 2016 a Chambery. In Francia è molto conosciuta e amata, forse anche di più che nel  Regno Unito perché ha scelto di vivere a Parigi da molti anni. La platea era piena: c’erano 1000 persone che le hanno tributato una standing ovation. Erano spettatori affezionati che lei conosceva, radunati in un teatro dove lei torna spesso. Ha tirato fuori le sue piccole idiosincrasie e i suoi modi di far: a metà concerto si è addirittura fermata per fumarsi in silenzio una sigaretta!