Marta Marangoni & Francesca Sangalli, “Le otto montagne”

Le otto montagne è un caso letterario, vincitore del Premio Strega 2017, bestseller tradotto in 35 Paesi e ora film con un cast stellare. E’ una storia di abbandono della civiltà, di libertà della vita selvatica, di coscienza, scelte di vita e fuga dal superfluo. Il romanzo racconta la storia di Pietro, un ragazzino di città solitario, del suo rapporto con i genitori, con l’amico Bruno e con la montagna. Nel segno di un legame che il passare delle stagioni non ha sciolto, i due trasformano un rudere, la Balma Drola, nella casa progettata dal padre prima di morire.

Le otto montagne è in scena alla sala Bausch del Teatro Elfo Puccini di Milano fino all’8 maggio. Tratto dal romanzo di Paolo Cognetti, lo spettacolo, con la drammaturgia di Francesca Sangalli, è diretto da Marta Marangoni che ha anche firmato le musiche con Fabio Wolf Di Benedetto dei Duperdu. Ne sono protagonisti Andrea Lietti e Giuliano Comin con la performer Alice Bossi. La voce fuori campo è di Arianna Scommegna.

Immagini del canale Youtube “Andrea Lietti”

Parlano Marta Marangoni e Francesca Sangalli

Perché questa è una storia di abbandono della civiltà?

Marta Marangoni: E’ una tensione costante che ci avvicina a Paolo Cognetti tra la città e la montagna, tra il pieno e il vuoto. E’ una storia di contrasti e di ricerca di una spiritualità più densa, lontana dagli orpelli con cui riempiamo i nostri sentimenti.

Che cosa vuole abbandonare di superfluo il protagonista?

Francesca Sangalli: Credo un senso del tempo rinnovato e troppo tormentato della città e una nuova dimensione più rarefatta che ci avvicina di più alla nostra spiritualità e che si ritrova in montagna. Così come succede anche ne La montagna incantata di Thomas Mann, dove il tempo si dilata, si trasforma e ci permette di assumere anche varie identità.

Il protagonista vuole lasciare una vita che gli sta stretta?

Marta Marangoni: Direi che è una ricerca costante. Quante volte siamo insoddisfatti? Per noi artisti questa è una ricerca permanente con la quale dobbiamo convivere e fa parte forse anche della nostra vita, perché arte, teatro e vita vanno insieme.

L’autore ha detto che la storia in teatro è stata raccontata in un altro modo, che aveva più a che fare con la memoria. Cosa intendeva dire?

Francesca Sangalli: Abbiamo ricostruito, anche d’accordo con lui, tutta la storia a partire da un momento centrale, quello della costruzione della casa, così come si costruisce un’amicizia attraverso la memoria del nostro passato e una sorta di proiezione del nostro futuro, una proiezione magari a volte distorta e poetica. Il testo passa quindi attraverso la memoria del passato, ritorna al futuro e di nuovo in maniera molto concreta alla costruzione e all’amicizia, la parte fondamentale di questa storia.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Dianora Zacché per la collaborazione
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