Avreste mai pensato di sentir cantare Georges Brassens in russo, greco, giapponese e addirittura in latino? Ci troviamo di fronte al cantautore più tradotto al mondo. Brassens è popolare in Francia quanto i Beatles in Gran Bretagna. Anche l’Italia vanta traduttori illustri come Fabrizio De André, Enrico Medail, Fausto Amodei e Nanni Svampa, che ha avuto l’intuizione di tradurre in dialetto milanese, lingua che possiede la musicalità del francese, trasportando la deformante ironia brassensiana dalle banlieues parigine alle periferie milanesi.
Babylon Brassens è in scena al Teatro della Cooperativa di Milano fino all’11 giugno. Lo spettacolo vede protagonisti i Duperdu, ovvero Marta Marangoni e Fabio Wolf. Nel ruolo del primo spettatore troviamo Renato Sarti.
Quattro domande a Marta Marangoni e Fabio Wolf
Che tipo di lavoro avete fatto sulla musica di Georges Brassens?
Marta Marangoni: E’ un divertissement, è uno spettacolo di teatro-canzone alla maniera dei Duperdu, quindi con tanti spunti che poi abbiamo rielaborato teatralmente alla nostra maniera per portarvi un florilegio dei brani di Georges Brassens. Non è però lineare, perché lo spettacolo parte da un’eredità che noi abbiamo ricevuto dal grande maestro dei Gufi Nanni Svampa. Come regalo di nozze – perché lui e la moglie Dina sono stati nostri testimoni di nozze – ci ha offerto un archivio internazionale. Nanni infatti è uno dei primi traduttori e lo ha tradotto non italiano, come De André, ma in milanese e queste traduzioni sono riuscite talmente bene che lui è diventato un riferimento internazionale, tant’è che ha ricevuto da tutto il mondo audiocassette con queste prove di traduzione dalla Russia…
Fabio Wolf: … Dalla Spagna ma anche dalle Antille. Abbiamo poi il bretone, il fiammingo, lo svedese, il russo…
Marta Marangoni:… Il giapponese che è il mio preferito. Georges Brassens è il cantautore più tradotto al mondo e ci è arrivata ieri la conferma da Alberto Patrucco, che è più tradotto di Bob Dylan, per rendervi un’idea, non solo nel mondo occidentale ma anche in Africa. Essendoci anche in Africa la lingua francese, Brassens è stato molto preso. E’ il più tradotto al mondo anche per i temi e i contenuti.
Fabio Wolf: Per i messaggi che ci sono nelle sue canzoni, ma anche per i temi che tratta Brassens, che sono soprattutto quelli della libertà, dell’amicizia, del tempo che passa.
Marta Marangoni: Sentimenti universali che ci accomunano e che fanno amare Brassens anche dalle nuove generazioni. Non è qualcosa di retrò, ma che parla anche molto alle nuove generazioni. Ce ne siamo accorti in questa ricerca. Quindi quello che voi vedrete è il risultato di questo lavoro con dei brani eseguiti da noi in lingua grazie al supporto degli esperti linguistici e con canzoni che vi faremo sentire per darvi proprio l’idea di queste sonorità completamente diverse che sono state rese in tutto il mondo. Un ringraziamento speciale va a Mirella Conenna, professoressa ed esperta traduttologa, che è stata l’interlocutrice con cui abbiamo potuto confrontarci proprio sui contenuti. Massima esperta di Brassens in Italia ma non solo, con le traduzioni in convegni internazionali in Brasile e Canada.
Un’altra notizia dell’ultim’ora è che abbiamo ricevuto l’autorizzazione dal maggior ritrattista di Georges Brassens, che si chiama Robert Combat ed è un sethoise, di Sète, della città natale di Georges. Ci sono questi dipinti che potremo mostrarvi nel nostro spettacolo proiettati, quindi questi ritratti artistici molto belli che vanno a completare la nostra opera.
Come si trasporta l’ironia di Brassens dalle periferie parigine a quelle milanesi?
Fabio Wolf: E’ un’ironia trasversale che sicuramente prende tutti. L’importante è capire le parole. Il francese di Brassens è anche abbastanza dotto da comprendere. Lo è per i francesi, figuriamoci per noi italiani. Noi ad esempio nelle versioni di Svampa abbiamo sentito proprio che portava Brassens in un’altra dimensione, ma mantenendo assolutamente le stesse atmosfere dei suoi brani, pur trasportandole a Milano. Era qualcosa che era ambientato a Parigi, che viene trasferito a Milano e che diventa qualcos’altro ma mantenendo sempre la stessa impronta brassensiana.
Marta Marangoni: E’ un doppio lavoro: bisogna conoscere sia l’ironia di origine ma si deve avere anche un po’ di savoir faire e di dimestichezza con questa milanesità, anche nel caso della traduzione di Svampa, che il maestro ha voluto affrontare in latino.
Fabio Wolf: Allora ho dovuto immaginarmi La ballade des cimitiers ambientata nei vari cimiteri parigini. Siccome io l’ho fatta in latino, l’ho immaginata nella Roma imperiale, perciò ho trasportato i nomi dei cimiteri da quelli parigini a quelli romani.
Ci raccontate l’incontro con Nanni Svampa?
Marta Marangoni: E’ stato meraviglioso. Era il 2012, lo raccontiamo anche nello spettacolo che è condito da qualche dettaglio di aneddotica personale, perché questo è il nostro approccio. Era il 2012, lui cercava qualcuno per l’ouverture del suo famoso Il mio concerto per Brassens e noi già allora, in maniera un po’ inconsapevole, gli proponemmo questi brani già in lingua, perché io personalmente sono sempre stata molto affascinata dalle lingue. Io sono laureata anche in lingue e letterature straniere, in tedesco, inglese, russo e ispano-americano. Allora ci scelse in quel provino per l’ouverture del suo concerto, il rapporto è andato avanti in maniera molto familiare e addirittura Nanni e Dina hanno fatto i nostri testimoni di nozze. Con lui c’è sempre stato un confronto, come con un maestro ma sempre con questa grandissima familiarità che c’è tutt’oggi con Dina Svampa e con le sue figlie.
Che versioni di canzoni avete fatto di Georges Brassens?
Fabio Wolf: In particolare, di quelle che eseguiamo, ne abbiamo fatta una in milanese: Au bout de mon coeur diventa Adenter al me coeur. Un’altra che abbiamo fatto noi sempre in latino diventa Carmen cemeteriorum ed è La ballade de cimitiers. E poi Il vento, un pezzo fulmineo di Brassens. E’ uno dei più brevi del maestro, che però, a nostro avviso, non era ancora stato tradotto, perlomeno in italiano. Perciò lo abbiamo tradotto in italiano, lo abbiamo adattato e anche questa non è proprio una traduzione letterale, però pensiamo che sia venuta abbastanza bene, che renda l’idea che voleva rendere Brassens, della folata di vento che sconvolge la normalità.
Marta Marangoni: Questo vento che ci ha avvolto anche nel nostro soggiorno di Sète. Infatti voglio dire che il nostro desiderio è quello di condividere questa passione per questo archivio con tutti. Quindi siamo molto felici di dire che è stato accolto ed entrerà a far parte dell’archivio del cabaret italiano di Flavio Oreglio, ma che andrà anche a Sète, nell’Espace Georges Brassens, nella città natale dove siamo stati accolti da Jeanne Corporon, vice-sindaco di Seth nonché assessore alla cultura e responsabile dell’Espace Georges Brassens.
Fabio Wolf: E’ anche la figlia di uno dei migliori amici di Brassens, è una che lo ha frequentato da quando era piccola, perciò è cresciuta con questa figura così carismatica facente parte della propria famiglia. E’ molto interessante sentire la sua esperienza perché Brassens è morto nel 1981 e Jeanne Corporon è ancora una bella donna giovanile.
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringrazia Giulia Tatulli
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