Debutta il 6 febbraio al Teatro Leonardo di Milano, dove rimarrà in scena fino a domenica 11, Fame mia, di Gabriele Scotti e Annagaia Marchioro, unica protagonista sulla scena. Diretto da Serena Sinigaglia, ci racconta la storia di una donna che aveva così tanta fame da smettere di mangiare. Uno spettacolo incredibilmente comico e poetico che parla di cioccolato e desideri, di cibo e di ossessioni, di accettazione e denutrizioni. E’ liberamente tratto da Biografia della fame di Amélie Nothomb, da cui “ruba” i momenti più alti e la crudele ironia, sfocandone i contorni fino a farlo aderire a un’altra storia, quello dell’attrice e autrice che lo interpreta.
Quattro domande ad Annagaia Marchioro
“Quanto è stato importante il libro Biografia della fame di Amélie Nothomb da cui è tratto lo spettacolo?”
“Fondamentale. E’ una traccia costante che rimane sotto tutta la struttura dello spettacolo. Amélie Nothomb ha una scrittura nera, ironica, inaspettata, tipica di una grande autrice. E’ un colonna portante dello spettacolo, anche se la Nothomb racconta un’altra storia. Però se uno legge il libro, ritrova esattamente passaggi e tracce che sono stati trasformati e resi in una nuova storia, la mia”.
“Ci troviamo, mi sembra di capire, di fronte a una persona che non prende né se stessa né il cibo troppo sul serio, giusto?”
“E’ uno spettacolo comico, ma la protagonista si prende molto sul serio, presentandoci la vita sotto un aspetto gioioso e giocoso. E’ un monologo molto vitale, perché non parla solo della fame di cibo, ma anche di quella nei confronti della vita e dei desideri. Ovviamente la vita può andare in modo diverso: uno magari vuole fare l’astrofisico, però per farlo scopre che prima deve imparare a fare le equazioni e quindi ci rinuncia. Faccio un esempio a caso, ovviamente. E’ uno spettacolo comico, ironico ed estremamente vitale, ma è un’analisi concreta di quello che ci lega alla fame di vivere”.
“Lo spettacolo ci mostra la protagonista nelle sue diverse fasce d’età. In quel periodo il suo rapporto con il cibo cambia?”
“Assolutamente sì. E’ lo specchio del modo di relazionarsi al mondo, quindi cambia”.
“E’ giusto definire lo spettacolo un percorso di formazione?”
“Sì, è un percorso di formazione ed è un’indagine sull’essere umano. Parte dal principio per arrivare alla fine”.