MARIO CERVIO GUALERSI, LECITE/VISIONI PER ABBATTERE I PREGIUDIZI

Istruzione, inclusione, educazione al confronto e sradicamento del pregiudizio. Sono queste gli obiettivi principali di lecite/visioni 2021, la rassegna a tematica LGBT+ nata nel 2012 e in scena al Teatro Filodrammatici da giovedì 20 a domenica 23 maggio, il cui direttore artistico è Mario Cervio Gualersi.

Cinque gli spettacoli in cartellone: Ricino, di Antonio Mocciola e del regista Pasquale Marrazzo, con Antonio D’AvinoDiego Sommaripa e Vincenzo Coppola; Gentleman Anne di Magdalena Barile con Elena Russo Arman (che ha firmato anche la regia) e Maria Caggianelli Villani; La resistenza negata, scritto e diretto da Fortunato Calvino, con Antonella CioliLuigi CredendinoGregorio De PaolaFrancesco Barra; Allegro, non troppo, di Riccardo Pechini e Mariano Lamberti (qui anche regista) con Lorenzo Balducci. Chiude la rassegna In casa con Claude di René-Daniel Dubois, con Mario Autore ed Ettore Nigro, diretti da Giuseppe Bucci.

Intervista a Mario Cervio Gualersi

Ricino” parla della spietata persecuzione ai danni degli omosessuali nell’Italia degli anni ’30: era la loro invisibilità lo stigma sociale e la condanna del nostro Paese durante il ventennio?

C’era il rifiuto totale che potesse esistere l’omosessualità. Perché nella visione maschilista del fascismo questo “peccato” non poteva appartenere al maschio italiano. Anche se se ne conosceva l’esistenza, questa veniva negata. Con la proclamazione delle leggi razziali, però, e con la creazione dell’OVRA, una polizia speciale destinata prima alla persecuzione dei socialisti e poi estesa agli omosessuali, questi venivano individuati, interrogati, spesso torturati e poi mandati al confino nel 1939 a San Domino, una delle Isole Tremiti. La pièce si basa su documentazioni autobiografiche e autentiche che attestano la doppia vita degli stessi integerrimi questori. Una doppia vita che non escludeva di avere relazioni omosessuali. Ci sono molti colpi di scena.

E’ importante dire che ogni anno noi dedichiamo un approfondimento a uno spettacolo scegliendo il tema della pièce. Nel 2020 abbiamo trattato l’omosessualità nel calcio. Nel 2021 tocca a “cronache dal confino”: abbiamo infatti chiamato due scrittori che parlano di temi ignorati dai libri di scuola: Luca De Santis, che ha scritto una graphic novel accattivante e bellissima, In Italia sono tutti maschi, e Gianfranco Goretti, presidente di Famiglie Arcobaleno, che insieme al marito Tommaso Giartosio ha scritto La città e l’isola: omosessuali al confino nell’Italia fascista.

Una scena di “Ricino” (foto di Alessandro Di Lorenzo)

Quale fu invece la vittoria di Anne Lister, la protagonista di “Gentleman Anne”?

Era una gentildonna, una proprietaria terriera di fine Ottocento. La sua vittoria non fu solo quella di permettersi la stesura di diari in cui raccontava le proprie prodezze sessuali, ma avendo dei problemi finanziari con le sue proprietà vinse riuscendo addirittura a sposare quella che era già la sua amante, una ricca ereditiera vicina di casa. Ho chiesto a Elena Russo Arman un progetto e lei ha scelto questo personaggio piuttosto intrigante. Su di lei infatti è uscito un libro scritto da Angela Steidele, Nessuna mi ha mai detto di no. Anne Lister e i suoi diari segreti. La BBC e la HBO ne hanno tratto una serie, Gentleman Jack, trasmessa in Italia da LaF.

Elena Russo Arman ha messo al lavoro Magdalena Barile, che ne ha fatto un testo su due livelli temporali. Uno è un presente in cui vediamo Anne, una docente di letteratura inglese, che riceve a casa un’allieva, una giovane lesbica dichiarata, per discutere della tesi. Senza giri di parole, la ragazza sostiene che gran parte delle scrittrici dell’Ottocento, in particolare le sorelle Bronte, erano tutte lesbiche. C’è una fortissima indignazione da parte della docente che fa nascere qualche sospetto. Poi le due attrici, Maria Caggianelli Villani e la stessa Elena Russo Arman, si trasformano. Elena diventa Anne Lister e l’allieva diviene Anne Walker. Siamo quindi di fronte a un grande esempio di libertà di costume per quel periodo.

“Gentleman Anne” (foto di Laila Pozzo)

La resistenza negata” ha vinto il Premio Carlo Annoni per testi teatrali a tematica gay e sulle diversità nella sfera dell’amore. Qui escono allo scoperto il ruolo delle donne e dei femminielli durante le quattro giornate di Napoli del settembre 1943, quando la città partenopea era sotto il giogo dei tedeschi. Quale fu il contributo fondamentale che diedero i personaggi rimasti fino a quel momento in una zona d’ombra?

Anche in questo caso i libri di storia ignorano bellamente che durante le quattro giornate di Napoli la ribellione dei “femminielli” è costata loro la vita, perché alzarono barricate e presero le armi. Sono le testimonianze vere del partigiano Antonio Amoretti a raccontarci questa rivolta.

C’è poi “Allegro ma non troppo”. Quali sono i vizi e le virtù della comunità LGBTQ+ raccontati da Lorenzo Balducci?

Noi stiamo facendo una cavalcata nel tempo decisa un po’ per caso nell’allestimento del cartellone, perché uno spettacolo è ambientato nell’Ottocento, un altro negli anni Trenta, un altro ancora nella guerra del 1940. Poi ci sposteremo negli anni Ottanta, per arrivare infine ai giorni nostri. Lorenzo Balducci ci propone una stand-up comedy. Qui vengono messi alla berlina vizi e virtù della comunità LGBTQ+ con una vena fortemente ironica e sarcastica, come per esempio la caduta in una serie di stereotipi e debolezze. Si parla del risultato tragicomico di un incontro al buio dovuto alla mancanza di coraggio quando intervengono fattori esterni.

Suscita poi molta curiosità il fatto che Lorenzo Balducci fa nomi e cognomi di personaggi del mondo dello spettacolo ma non solo, che non hanno mai fatto coming out, impedendo magari ai giovani di avere dei modelli di riferimento di successo, e non solo quelli penosi e macchiettistici a noi propinati come prototipi della galassia gay e lesbica. Ammiro il coraggio di Lorenzo, che ha avuto un passato burrascoso e parla anche del suo privato, alzando il velo su quelle che sono state le sue debolezze e le sue dipendenze.

Lorenzo Balducci in “Allegro ma non troppo”

Perché “In Casa con Claude” ha tutte la caratteristiche di un thriller psicologico?

Perché la situazione è decisamente drammatica. Ci troviamo di fronte a un giovane escort seduttivo, che confessa l’omicidio di un cliente a cui taglia la gola dopo un rapporto sessuale. Con questo cliente il giovane aveva anche una relazione affettiva. La vittima aveva a sua volta una fidanzata, che ignorava la sua bisessualità. Il movente del delitto è inspiegabile. A tentare di capirlo è l’ispettore di polizia nella claustrofobica stanza del commissariato. Il ragazzo, per ragioni che possiamo intuire, non ha solo chiamato i giornalisti, ma tiene anche in scacco il giudice che dovrà decidere a brevissimo il suo destino.

Il poliziotto ingaggia con il giovane un vero e proprio corpo a corpo dove tutti e due cercano di sopraffare l’altro con armi diverse: il giovane lo fa con la seduzione, il commissario con la violenza e le minacce. In più c’è un coté onirico di fantasie sadomaso che il ragazzo immagina per distogliere la mente da una situazione che neanche lui riesce a padroneggiare. Anche lo spettatore viene chiamato a far parte di queste fantasie. E’ un gioco di potere.

Mai come oggi è importante promuovere iniziative come lecite/visioni, dato lo stato di immobilità in cui si trova la legge Zan, approvata alla Camera ma ferma in commissione giustizia del Senato. Qual è il bilancio che ti senti di fare dopo nove edizioni?

Il bilancio vorrebbe che questo festival potesse crescere ed espandersi in altri spazi creando partnership. Purtroppo non è ancora successo ma non è detto che non possa accadere. E’ venuto meno il sostegno del Comune di Milano, che c’è stato dall’inizio fino al 2017, dopodiché è uscita la norma secondo cui i teatri sovvenzionati per la loro stagione non potevano percepire un euro per le produzioni collaterali come i festival. Noi siamo sopravvissuti solo grazie al contributo dell’8 per mille valdese che non finiremo mai di ringraziare.

Una considerazione più generale si focalizza sul fatto che nel 2011 io e i miei collaboratori del Teatro Filodrammatici pensavamo che questo festival non avesse più ragione d’essere perché gli spettacoli a tematica si sono mescolati a tutti gli altri. A Milano ho trovato solo tre spettacoli a tema, nonostante tutte le sale che abbiamo. Questo in una città molto aperta e popolata dalla minoranza LGBTQ+ come Milano non è possibile. In Italia siamo rimasti l’unica voce a offrire una realtà con questa drammaturgia.

  • Si ringrazia Antonietta Magli per la collaborazione