PASQUALE MARRAZZO, “ELETTRA”

Le prime parole che pronuncia Elettra sono: “Da quanto tempo sono qui ad aspettare?” L’attesa è il luogo mentale dove agisce la riflessione e maturano odi e amori. Il dramma esistenziale delle due protagoniste, Elettra e Clitennestra, anticipa e distrugge quello amletico, immergendolo nella pura e violenta azione, risolvendolo con il sangue.

Elettra di Giovanni Testori è in scena al Teatro Litta di Milano fino al 14 novembre. Diretto da Pasquale Marrazzo, lo spettacolo vede protagoniste Emanuela Villagrossi, Rossana Gay e Alessandra Salamida.

Quattro domande a Pasquale Marrazzo

Che tipo di confronto avviene tra Elettra e Clitennestra?

Il punto di vista di Giovanni Testori è chiaramente molto diverso da quello dell’Elettra antica. Anzi, è una richiesta da parte delle due donne di mostrarle sotto altre vesti. Ci troviamo così di fronte a un rapporto feroce tra madre e figlia volto ad avere potere su se stesse e sugli uomini in scena. Vengono quindi anche ribaltati i ruoli delle due donne, che combattono per due amori dannati: una verso il fratello e l’altra verso il figlio, che ne desidera anche la morte. In sostanza si muovono su due aspetti psicologici molto diversi e contrastanti rispetto all’Elettra di Sofocle o di Eschilo. E’ quindi più un’indagine psicologica di due donne che portano fino in fondo la maledizione di una madre innamorata del proprio figlio e di una sorella che ne elude lo stesso sentimento.

Le due donne combattono tra loro e allo stesso tempo si sostengono a vicenda, perché Elettra, a un certo punto della storia, dice ad Egisto che se la madre vuole fare del male al figlio, lei non si comporterà mai allo stesso modo. Questa complicità e anche questa ferocia che le due donne manifestano l’una nei confronti dell’altra sono dunque il fulcro del testo. Viene spostato l’accento freudiano sulla questione edipica di Elettra nei riguardi del padre Agamennone. Sembra quasi che ci sia una sorta di avvicinamento e allo stesso tempo di rivalità tra le due donne. Questo è l’aspetto più interessante: Elettra e Clitennestra sono al contempo complici e feroci l’una nei confronti dell’altra.

Perché l’attesa in questo spettacolo è un luogo mentale?

Perché è come se Testori svegliasse la protagonista da un sonno millenario e la portasse in un contesto completamente nuovo, dove il teatro non è più quello di un tempo, ma si è trasformato in un luogo di perdizione dove ormai tutto è permesso, dove una donna non ha più paura di esprimere i propri sentimenti rispetto al mondo. Quindi l’attesa che Elettra ha dovuto sopportare per 2500 anni le ha permesso di ragionare su se stessa e su tutto quello che finora è stato fatto di lei in teatro. Così chiede al poeta di farle dire parole nuove che confondano il pubblico.

Gli spettatori finora hanno sempre concepito Elettra come un’eroina. Invece in questo caso lei vuole essere descritta come una donna dannata, colpita da una dannazione che la accompagnerà per tutta l’esistenza. C’è proprio una richiesta da parte del personaggio di essere descritta e vissuta con moti interiori diversi da quelli che finora l’hanno contraddistinta. Questa è la parte più interessante di tutta la messinscena.

Quali sono i due punti di vista differenti tra le due protagoniste rispetto alla giustizia?

Clitennestra richiede una giustizia fondata sul potere per fare in modo che le cose vadano nella direzione che lei ritiene giusta. Elettra cerca invece una giustizia più “oggettiva” e rivolta al senso del giusto, come se fosse un noumeno platoniano inculcato nel nostro cervello. Partono quindi da due punti completamente diversi, anche se in realtà, a un certo momento, Elettra ribalta questa condizione: quando muore la madre, cerca infatti di sostituirsi a lei. Quindi tenta anch’ella la strada di una giustizia legata al potere che in quel momento ottiene.

Perché c’è un rimbalzo continuo tra morale ed etica?

Perché tutte le volte vengono messe in discussione. L’etica si confonde con la morale e viceversa. Quindi molto spesso non si capisce se si creino o meno delle basi dove discutere su ciò che è immorale o morale. Il rischio che ognuno costruisca un’etica e una morale a proprio piacimento è molto alto. Anche nella democrazia o nei regimi totalitari si parla spesso di libertà: ma rispetto a che cosa e a chi? Chi decide cosa è giusto o non è giusto fare? E’ una realtà sempre contestualizzata e manovrata. Elettra cerca quindi di scalfire questo concetto di libertà, di etica e di morale rispetto a quello che per lei è giusto o sbagliato.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Foto di Alessandro Branca
  • Si ringrazia Alessandra Paoli per la collaborazione
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