Il signor Meursault è il protagonista de Lo straniero, il celebre romanzo di Albert Camus, esempio di un vivere senza senso che racconta un tempo almeno apparentemente molto simile al nostro. Un uomo, “qualcuno”, in scena, attraversa le pagine del libro quasi fossero pagine della sua stessa vita: chi è per noi l’arabo che Meursault uccide? Perché dovrebbe interessarci della sua morte? E perché, al contempo, dovrebbe riguardarci la storia di un uomo qualunque che non sa dare ragione del delitto che ha commesso né piangere una madre morta? Quale esito possibile potrebbe avere questa storia? E poi c’è il sole, una figura metaforica che Camus ci presenta come responsabile di un colpo mortale di pistola partito accidentalmente.
A tutte queste domande tenta di rispondere Lo straniero. Un funerale, scritto da Francesca Garolla e diretto da Renzo Martinelli, che lo vede protagonista con Woody Neri al Teatro Fontana di Milano fino al 30 novembre.
Parla Renzo Martinelli
Chi è veramente il signor Meursault?
Il signor Meursault de Lo straniero di Albert Camus è un uomo con degli amici, ma a cui soprattutto è morta la madre. Sta andando al suo funerale. Viene sottoposto a giudizio, ma nello svolgersi della cronologia del romanzo, sembra che questo giudizio avvenga più per l’indifferenza della madre morta che di un arabo ucciso, perché lui ha tenuto casualmente in tasca una pistola per dividere una lite precedente. Poi sembra che la colpa sia del sole, perché la pistola spara e uccide accidentalmente l’arabo.
E’ una persona che a me piace definire estranea a tanti luoghi comuni e a molte convenzioni. Forse questo può essere il motivo. Magari, invece, la colpa è del sole: in questo caso sarebbe una bella disquisizione, nel senso che Camus scrive dei romanzi con un’impronta filosofica. Attraverso queste domande e questi dubbi, Lo straniero. Un funerale anticipava l’attualità della pandemia. Francesca Garolla non ha fatto la riscrittura di un libro che ci piace molto. Ha scritto il testo ex novo e lo abbiamo portato in scena, sfruttando e organizzando un discorso critico all’interno del romanzo.
Di che cosa è colpevole questo personaggio?
Sembrerebbe più esserlo per l’indifferenza della madre morta che per l’uccisione dell’arabo. Da buon premio Nobel, Camus fa una dissertazione molto appassionante, perché cambia gli schemi. La colpevolezza del signor Meursault è data dalla sua estraneità alle norme del vivere comune. L’indagine è molto bella e viene fatta attraverso questo personaggio ordinario.
In che epoca vive il protagonista di questo spettacolo e perché è un tempo apparentemente simile al nostro?
Il signor Meursault ha un pensiero libero ma non appare in scena. L’attore Woody Neri, anche se all’inizio esce strategicamente sul palco, prende il signor Meursault come esempio e lo critica, dicendo che nessun romanzo ha cambiato la nostra vita. La conoscenza, però, ci porta in qualche modo a confrontarci con un orizzonte più ampio. Questo è il processo dello spettacolo che abbiamo portato in scena e chiamato Lo straniero. Un funerale. Le esequie sono quelle della madre, ma anche quelle metaforiche delle norme e delle regole.
Perché la narrazione nel vostro testo – completamente riadattato rispetto all’originale – si fa domanda?
Perché sono parole che salvano e l’ascolto dello spettatore è attivo. Dal mio punto di vista è la domanda che si impone. I grandi della letteratura come James Joyce o Fedor Dostoevskij mettono il lettore di fronte alla necessità degli interrogativi e così facendo lo colpiscono. Perché Camus ha continuato a parlare di questo sole come se fosse colpevole? Come mai l’indifferenza ha fatto giustiziare il signor Meursault? Perché è sempre innamorato di Maria ma ha una relazione al di là delle norme e delle regole del compagno? Nonostante tutto, lui obbedisce alle regole. Davanti al prete che lo intervista, però, si ritiene giustamente colpevole dell’uccisione dell’arabo. Non essendoci in scena il signor Meursault, l’analisi critica del romanzo fa evincere il concetto della domanda e dei tanti perché.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Martina Parenti per la collaborazione
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