Nel 1954 Ennio Flaiano scrisse un breve racconto intitolato Un marziano a Roma. Con surreale naturalezza narrava il singolare, quanto imprevisto atterraggio sulla terra di un’aeronave da cui sbarcava un essere proveniente da Marte. Il tutto avveniva a Roma e precisamente a Villa Borghese. In seguito quell’idea è diventata un controverso spettacolo teatrale, un film e addirittura un modo di dire. Milvia Marigliano riporta in scena il 24, il 25 ottobre e dal 30 ottobre al 1° novembre al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano Un marziano a Roma, con la regia e l’adattamento di Emilio Russo, e le musiche eseguite dal vivo di Raffaele Kohler.
4 domande a Milvia Marigliano
Credo sia interessante approfondire il tema di base, quello cioè di qualcuno che ha fatto il percorso al contrario ed è finito sulla Terra. Che cosa si aspettava e che cosa ha invece trovato?
Io sono affezionatissima a Kunt, al marziano che è venuto giù per caso, perché doveva servire come racconto. In realtà però lui non ha preteso niente. E’ una persona abbastanza semplice. Sono gli altri che gli sono andati addosso, gli hanno dato un’importanza maggiore, lo hanno invitato nei salotti e ai cocktail. Questo spettacolo è costituito da 55 minuti di performance ed è chiaro che qui non ci sono gli approfondimenti politici o culturali delle nostre delusioni di uomini o di donne rispetto a una novità o a qualcosa di salvifico. Lui ha poche scene, però siccome delude qualsiasi aspettativa che può essere della signora snob colta o dei due romanacci un po’ pasoliniani “de borgata”, basta: questa persona è assolutamente inutile. Noi siamo impazienti di fronte a una novità: se cambia un sindaco, o in tre giorni sistema tutto, oppure non ci piace più rispetto a quello di prima.
Com’è stato poi il ritorno del marziano nello spazio?
Se n’è semplicemente andato via lui. Ha sentito che non c’era più quel rapporto. Anzi, ha un bellissimo incontro perché anche se non può restare, si è innamorato di una giovane. C’è un bel dialogo in cui lui dice “tutti addosso con le mani orribili”, ma soprattutto nel monologo in cui lui si presenta, non è un caso che si rivolga agli altri dicendo: “Perché voi ammirate una sola riuscita: la ricchezza”. Quindi se ne va. Non dimentichiamoci poi che Flaiano è ironico e sarcastico. La cosa buffa è che non sappiamo se se ne va sperando di riavere l’astronave che gli è stata pignorata.
Il regista Emilio Russo ha curato anche l’adattamento teatrale di “Un marziano a Roma”. Quanto siete rimasti fedeli al testo originale di Flaiano?
Fedelissimi! Il racconto è stato magari tagliato nelle parti meno fondamentali, anche perché le letture devono essere comunque affascinanti. Poi io ho dei pezzi a memoria in cui mi stacco e che fanno parte della commedia. Ci sono il personaggio di lui, la signora snob e i due borgatari, però siamo stati fedelissimi. Saranno stati fatti dei tagli del racconto e poi è stato preso dalla commedia quello che occorreva per creare questo insieme. Dunque non è stato inventato niente.
Quali furono le intuizioni visionarie di Flaiano?
Più che definirlo un visionario direi che Flaiano aveva una visione precisa della società di quell’Italietta e di quel popolo di intellettuali veri che faceva parte di quei salotti che oggi ci scordiamo. Però erano quegli stessi salotti di persone assolutamente affascinanti, di intellettuali che hanno costruito e ci hanno aiutato ad avere l’occhio esterno della società. Flaiano mi piace perché sbuffoneggia anche quei salotti. E’ visionario come lo sono sempre tutti i grandi: non si sa mai a chi dare ragione. Sia il popolo che l’intellettuale fanno una brutta figura. In quegli anni però, da Fellini a Flaiano, esistevano davvero degli intellettuali veri e autentici.
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringrazia Linda Ansalone per il supporto professionale