“IL MERCANTE DI VENEZIA”, TRA AVIDITA’ E INGANNO

 

Torna la storia di uno dei personaggi più famosi e rappresentati della storia del teatro. Scritto e tramandato nei secoli dal genio drammaturgico di William Shakespeare, Il Mercante di Venezia è in scena al Teatro Carcano di Milano dal 14 al 17 dicembre. La vicenda di Shylock, l’ebreo veneziano più celebre, ci presenta qui la soggettiva di molti personaggi principali e secondari, di nobili e popolani. Sul palco passano le figure più svariate, dal Mercante Antonio al Gobbo Lancillotto fino alla prosperosa Nerissa. Il pubblico fa sviluppare i personaggi nella propria mente grazie alla narrazione e al coinvolgimento diretto, alla recitazione di alcuni brani scespiriani e alla musica del vivo suonata da Tiziano Cannas Agheddu. Il cantastorie Lorenzo Palla farà rivivere agli spettatori le atmosfere della Venezia cinquecentesca, con una vicenda in cui si intrecciano corteggiamenti e denaro, avidità e sfortuna, bugie e sotterfugi.

 

L’intervista a Davide Lorenzo Palla

“Qual è l’obiettivo dichiarato di questo spettacolo?”

E’ duplice: come sempre è quello di raccontare una storia. Nel nostro caso quella del “Mercante di Venezia” con i nostri mezzi e metodi. Questo si collega al secondo obiettivo, quello di Tournée da bar, che è un’iniziativa culturale che noi portiamo avanti da un po’ di anni a questa parte e con cui sto andando alla ricerca di nuovo pubblico in  giro per l’Italia all’interno dei luoghi della quotidianità. Propongo all’interno di bar, circoli e locali notturni i grandi classici del teatro. Ho la speranza e l’intento di avvicinare più giovani possibili al teatro e all’arte scenica.

Il pubblico può essere composto dagli abbonati classici del Teatro Carcano e dagli spettatori che conoscono Tournée da bar, quindi ragazzi giovani che possono scoprire questo spettacolo per ragionare intorno ai temi proposti. Riguardano sempre l’etica e la giustizia, con una serie di domande che noi approfondiamo per portare lo spettatore a porsi dei quesiti che possano in qualche modo accrescerlo.

“Qui lei ha dato molta importanza ad alcune particolarità storiche della Venezia cinquecentesca. Quali sono?”

Questo lavoro è stato per noi molto interessante, perché ci siamo messi in gioco e abbiamo cominciato a studiare il contesto all’interno del quale siamo andati a collocarlo. Abbiamo avuto degli incontri con alcuni esperti: prima abbiamo fatto una bella chiacchierata con Moni Ovadia  che è stata molto interessante. E’ un grande attore e conoscitore di teatro e della cultura ebraica. Sono aspetti indispensabili da affrontare riguardo al “Mercante di Venezia”. Poi siamo stati proprio a Venezia alla Fondazione Cini. Abbiamo visitato il ghetto e parlato con diversi docenti universitari come Shaul Bassi e la professoressa Picci.

E’ stato molto bello scoprire i dettagli di quel periodo storico di Venezia, perché ci ha permesso idealmente di collocare una storia, seppur di fantasia, all’interno della città lagunare dell’epoca. Abbiamo ragionato sulla costituzione del ghetto e le regole che a quell’epoca vigevano al suo interno. Poi abbiamo inserito un breve pezzo della figura del Doge nello spettacolo, perché era veramente una metodologia molto strana e bizzarra che alternava caos, scelta e ragione. Abbiamo cercato di arricchire il lavoro con tanti particolari come questi.

 

 

“Il suo è un testo che prevede anche l’interazione con il pubblico?”

Sì. Il rapporto con gli spettatori è presente nei lavori di Tournée da bar. Spesso li abituiamo a essere attivi. Diciamo che rispetto ad altri lavori l’interazione c’è sempre, ma forse in maniera meno comica perché il testo lo prevede meno. Però abbiamo previsto comunque momenti in cui il pubblico è attivato. Specialmente all’inizio dello spettacolo gli chiediamo di accendere l’immaginazione. Quindi lo coinvolgiamo per avere fin da subito l’attenzione dello spettatore. Questo avviene a più riprese all’interno dello spettacolo perché non lavoriamo mai in quarta parete, ma sempre a stretto contatto con il pubblico. Poi ci sarà un momento in cui irromperò nella sala.

“Cosa pensa delle accuse di antisemitismo che sono state rivolte a quest’opera?”

La cosa che ho trovato più interessante nello studio di questo testo è il fatto che va affrontato senza dare un giudizio. Considerare “Il mercante di Venezia” un’opera che induce all’antisemitismo è sbagliato. A ben guardare, Shylock alla fine risulta una vittima perché ha firmato il contratto per interessi economici. Inoltre, quando il tempo scade senza che Antonio abbia rispettato i patti come stabilito da contratto, Shylock esce sconfitto e beffato da un finto giudice, cioè Porzia. Quella che vince è una falsa giustizia. E’ questo il motivo per cui se dovessi leggere questo testo e analizzarlo, vedrei Shylock come vittima non come carnefice. Però noi abbiamo cercato di non giudicare, perché è più interessante che sia lo spettatore a farsi una propria idea e a raccontare come cambiano i rapporti quando si è vittime o carnefici.